sabato 13 giugno 2015

I PIEDI NELLA PALUDE

I PIEDI NELLA PALUDE Tanto tempo fa esisteva un regno molto povero. I sovrani avevano sperperato ogni bene dello stato e avevano prosciugato anche i risparmi dei cittadini, imponendo tasse di ogni tipo tasse. E tutti gli abitanti erano caduti nella miseria e nella disperazione. Non c’era più cibo e le case, poco alla volta, si stavano distruggendo. Gli animali erano serviti a sfamare la popolazione ma ora non c’era rimasto più nulla. Le pentole erano vuote….i focolari spenti…e tutte le persone non avevano più nemmeno la forza di lavorare. Sembrava anche che il sole e il cielo fossero offuscati dalla desolazione e dalla povertà. Così tutti i cittadini decisero di mandare in esilio i sovrani responsabili della carestia e lo sconforto in quel regno. Appena i sovrani partirono, i capi delle famiglie che un tempo erano state ricche, volevano andare al potere per governare, poiché in loro la fame di potere era uguale alla fame di cibo. Ma la situazione era così grave che per una volta, l’assemblea dei cittadini decise di mettere al comando di quel regno un vecchio saggio, che da anni viveva solo, in una caverna. Era stato l’unico che non si era candidato per il comando. L’unico che non si era presentato per essere eletto…l’unico che non voleva il potere. In un sprazzo di raziocinio, i cittadini capirono che quel vecchio eremita era il solo che poteva salvare il regno dalla distruzione totale. Così il vecchio eremita fu nominato re. La corona che portava era di ottone, poiché il precedente sovrano aveva venduto quella d’oro per comprarsi degli splendidi cavalli bianchi. L’indomani, all’alba, il vecchio eremita uscì dal castello andato in rovina, e con la zappa al collo, si recò nel campo più vicino e iniziò a zappare. I consiglieri e i dignitari appena lo videro, si misero le mani in testa! Il re che zappa la terra! Incredibile! Inaudito! Vergognoso! Il vecchio saggio, interrompendo per un attimo di zappare, disse loro: “ Invece di star lì, con le mani in mano, perché non mi aiutate a dissodare questo campo? L’inverno è vicino, e prima delle piogge, dobbiamo piantare il grano…se non facciamo tutti la nostra parte, moriremo tutti di fame.” Così consiglieri, dignitari, nobili e politici, tutti con le zappe in mano, iniziarono a preparare i campi per la semina. Il re, vecchio e stanco, guidava tutti in quel pesante lavoro, e anche se queste persone non avevano mai zappato in vita loro, seguirono l’esempio del sovrano. Se lui zappava, anche gli altri dovevano farlo. Dopo la semina, il vecchio eremita si recò al fiume e iniziò a pescare…così anche i nobili e i dignitari. I cittadini, a bocca aperta, videro i membri delle ex famiglie ricche del regno, pescare, pulire ed essiccare il pesce. Chiesero allora al re la spiegazione…e l’eremita rispose:” Se non facciamo tutti la nostra parte, moriremo tutti di fame.” Così anche i cittadini aiutarono nella pesca, e furono loro a portare il pesce nel regno vicino per poterlo vendere. Con il denaro ricavato, il re comprò tanto cotone e lo consegnò a tutte le famiglie del regno affinché lo filassero e così tutti i cittadini, nobili e non, iniziarono il lavoro. I figli di ogni famiglia, vedendo il padre e la madre che filavano il cotone, facendone stoffe colorate, chiesero loro il motivo….e ogni genitore disse al figlio:” Se non facciamo tutti la nostra parte, moriremo tutti di fame:” Così ogni ragazzo aiutò a confezionare abiti di tutti i tipi, decorandoli con la magnifica fantasia della gioventù. Gli abiti furono venduti, e poco alla volta, il regno uscì fuori dalla miseria e dalla fame. Tutti lavoravano…tutti contribuivano al benessere di tutti…gli alberghi, rinnovati, ospitarono di nuovo i turisti…i negozi ricominciarono a vendere e il denaro circolava liberamente. Ogni persona di quel regno era devoto al vecchio eremita, e tutti lo amavano e rispettavano. Nella sua vita da re non aveva voluto denaro per sé ma il benessere per la popolazione del regno che aveva dovuto salvare. Qualche anno dopo, per il vecchio eremita si avvicinò la fine, ma il saggio re non aveva paura. La morte non era un demone ma un angelo misericordioso. Tutti i cittadini vegliarono le sue ultime ore, dentro e fuori il castello. Le ultime parole del re furono per la popolazione…raccomandò loro di imparare da ciò che avevano dovuto affrontare. Le sue ultime parole furono: “ La fame e la miseria sono frutto dell’ingordigia dell’uomo. La sete di denaro e di potere è una palude profonda …ed è facile camminarci dentro….uscirne è impossibile.”

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