domenica 16 ottobre 2016

GLI OCCHI DI DIO

GLI OCCHI DI DIO Tanto tempo fa, in una bella famigliola felice, nacque un bimbo che fin dal primo istante fu amato e adorato sia dai genitori che dai fratelli. Gli fu dato nome John e crebbe pieno di gioia e vita. Alle scuole elementari, le maestre si accorsero però che aveva un difetto agli occhi. Riusciva a vedere tutti i colori tranne il nero. Per John il nero era simile al bianco, così i dettati del bimbo, le operazioni e i disegni erano scritti con gli altri colori…come il blu…il rosso…il verde. Ma al piccolo non importava se vedeva la realtà senza il colore nero. Il mondo gli sembrava bellissimo ugualmente. Il bambino restava rapito dall’azzurro del cielo, dal giallo del sole…dai colori del tramonto. John aveva tanti amici e le persone rimanevano colpite dalla sua vivace intelligenza, dalla profondità d’animo e dalla sua arguzia. Chiunque rimaneva affascinato dalla speciale personalità, ma soprattutto dal suo cuore. E per John, tutte le persone erano fantastiche. Provava affetto e simpatia per tutti. Non faceva nessuna distinzione né sociale né religiosa. Soprattutto per il colore della pelle. Tutti gli uomini erano uguali. Quando la gente discuteva di razzismo e di avversione contro chi era diverso da loro, John non capiva. Le persone di colore non le distingueva dalle altre persone. Certo, a volte si incuriosiva per questo misterioso colore nero che lui non riusciva a vedere e che, a quanto pare, era tanto importante per l’umanità, ma per lui, l’umanità era fatta da uomini identici a lui. Gli anni passarono e terminati gli studi, John divenne maestro di scuola elementare. Amava lavorare con i bambini, ed era bravissimo a spiegare. Tutti gli scolari rimanevano a bocca aperta quando lui raccontava di Giulio Cesare….della scoperta dell’America…o del suo romanzo preferito “Viaggio al centro della Terra”. Ogni ragazzino stravedeva per quel maestro, mite e gentile, che voleva bene a tutti e non conosceva distinzione fra gli alunni. John voleva fare la differenza, rendendo la scuola una grande famiglia dove tutti erano i benvenuti. Così la fama del maestro si sparse e le famiglie della città lo adoravano. Tutti volevano essere suoi amici. Le persone lo consideravano davvero un dono del cielo. Passarono così gli anni e John si sposò, ebbe figli e nipoti, e così come accade a tutti, divenne anziano. Ma un triste giorno, quell’uomo così speciale, si ammalò. E pochi giorni dopo, sentì che la sua fine era vicina. Stava lasciando questa vita felice e soddisfatto di ogni sua azione. Ma nei suoi ultimi minuti di vita, rivolse una preghiera al cielo: “Dio mio- pensò John mentre le forze lentamente lo abbandonavano-sei stato buono con me. Ho avuto una vita lunga e felice…ma ti prego. Esaudisci la mia ultima preghiera. Fammi vedere, per una volta, il colore nero. Per una sola volta, fammi vedere come vedono tutti gli altri uomini.” Il cielo esaudì la sua preghiera, e gli occhi di John videro per la prima volta, la realtà così come la vediamo tutti. Non c’era mica tanta differenza! Ma sua camera da letto era piena di persone che lo guardavano con affetto e pregavano per lui. L’intera casa era piena di gente….fuori il giardino, e lunga la strada, centinaia di amici e conoscenti, invocavano Dio e cantavano per lui…. L’intera città vegliava i suoi ultimi istanti di vita. John rimase a bocca aperta per la presenza di tante persone… l’intera città gli voleva bene! E si accorse, con sua grande meraviglia, che tanti di loro avevano la pelle nera. Realizzò che grande dono aveva ricevuto alla nascita. Lui guardava il mondo esattamente come lo guarda Dio….perché Dio non fa nessuna distinzione fra gli uomini, soprattutto per il colore della pelle. Lucina Cuccio 16/10/2016

mercoledì 12 ottobre 2016

IL PRINCIPE SENZA CUORE

IL PRINCIPE SENZA CUORE C’era una volta, tanto tempo fa, un castello maestoso, circondato da bellissimi monti e verdi boschi. Quiete e rettitudine albergavano fra le imponenti mura, e ogni funzionario svolgeva onestamente il suo lavoro. Era un regno prospero e felice, e anche i sovrani erano buoni e giusti con la popolazione. Ma la loro vita perfetta nascondeva un terribile segreto…il loro unico figlio, erede al trono, era nato senza cuore. Alexandre, bellissimo principe della monarchia reggente, non sapeva amare. Non provava alcun sentimento, per nessun essere vivente. Le persone non lo interessavano. Non aveva mai amato né toccato una persona. Semplicemente non sentiva alcuna emozione né per gli uomini né per gli animali. La sua anima era vuota, arida come un deserto. Non era un uomo cattivo, ma per lui la vita scivolava via senza passione e partecipazione. Per ore rimaneva nel suo studio, un grande sotterraneo del castello, fissando il fuoco, perso nei suoi pensieri. Era interessato alle scienze e alla filosofia, allo sport e alla caccia, ma per Alexandre era la medesima cosa essere in compagnia della corte o da solo. Le persone erano invisibili e perfino i suoi genitori gli erano indifferenti e li tollerava solo per obbligo morale. Un giorno però, convocato dal re e dalla regina, gli fu comunicato che era prossimo a salire al trono. Il re, stanco e provato, non riusciva a svolgere bene i suoi innumerevoli impegni regali. “Tu sai cosa significa, vero figliolo?” gli chiese il padre, preoccupato. I capelli ramati del figlio brillavano sotto le candele del lampadario, ma lo sguardo del principe divenne vitreo. Sibilando Alexandre mormorò: “Devo prendere moglie, vero?” Improvvisamente nella sala del trono cadde un silenzio pesante e fra i sovrani e il principe scese il gelo. “No-rispose il giovane-non desidero nessuno accanto a me.” La madre lo guardò sconsolato: “Mio caro, tuo padre è troppo stanco per governare. Quindi dovrai salire tu al trono ma per farlo, devi sposarti! E anche generare un figlio. Se no perderai la corona!” Il principe era sconvolto. Sapeva che quello che gli era stato comunicato era vero. Il padre era troppo vecchio per governare, quindi toccava a lui occuparsi del regno. Ma come avrebbe fatto a sposarsi? E peggio ancora, ad avere un figlio? Niente lo interessava. Le donne erano per lui, fredde statue di marmo. Lasciò quindi la sala del trono, e uscito dal castello, galoppò via, dirigendosi dall’unica persona che poteva aiutarlo. La strega del bosco, Marelinga, che viveva nel folto della foresta. Fin da bambino conosceva la leggenda dell’anziana fattucchiera che nessuno voleva incontrare. Tutti erano al corrente dei suoi enormi poteri, ma l’intero regno si teneva alla larga dalla sua immane cattiveria e perfidia. Il principe sapeva che Marelinga aveva trasformato un enorme drago, in una lucertola innocua. Aveva bruciato, con il solo sguardo, un intero campo di grano, e ghiacciato con un semplice gesto della mano, un fiume in piena. La maga, esperta nelle arti occulte, preparava filtri e pozioni magiche. Pochi contadini, disperati, avevano chiesto il suo aiuto ma avevano pagato un prezzo molto alto per averlo fatto….alcuni, perfino, perdendo la vita. Ma Alexandre non aveva scelta e quando arrivò alla capanna, la strega lo stava aspettando fuori. “ Sapevo che saresti arrivato. E non ho sbagliato nemmeno l’ora.” Il principe gli porse la mano, gesto democratico, senza però abbassare la guardia. La strega sembrava un’innocua vecchietta, ma sotto la grinzosa pelle, si nascondeva un mostro. “Entra nella mia capanna-lo invitò la fattucchiera-ti ho già preparato un filtro che risolverà il tuo problema.” Alexandre, nascondendo i suoi dubbi e timori, la seguì nella capanna. Marelinga gli mise subito in mano un’ampolla piena di un liquido verde. “Altezza-gli disse- sei nato senza cuore e per averlo, devi rubarlo a qualcuno. Ma la persona a cui devi toglierlo, deve portare il tuo nome ed essere tuo pari. Quindi puoi scegliere se prenderlo ai tuoi genitori o alla tua futura moglie.” Il principe fissò il liquido della pozione, aggrottando la fronte. Non aveva dubbi a chi avrebbe fatto bere il filtro magico…naturalmente alla sua futura moglie. Benché non amasse i suoi genitori, era legato ad essi da vincoli morali che non poteva infrangere. Mentre la moglie, era in fondo, un’estranea. “Cosa vuoi in cambio del tuo aiuto?- le chiese Alexandre-oro, gioielli, terre?” La maga, sorrise enigmatica. ”Nulla. Consideralo un regalo di nozze.” Il principe lasciò la capanna, con una strana sensazione. Poteva fidarsi di quella strega? Però non aveva tempo per indagare. Il padre e la madre pretendevano al più presto la sua risposta definitiva, caso contrario, avrebbero cambiato la legge, e il potere temporale del regno sarebbe passato al parlamento. Così tornato al palazzo, comunicò la decisione che avrebbe accettato di sposarsi e scelto la sua futura moglie al ballo ufficiale. Pochi giorni dopo, furono invitate al ricevimento tutte le principesse dei regni vicini, informate che l’erede al trono, in quell’occasione, avrebbe dovuto scegliere la sua futura sposa. La grande sala del castello brillava per le migliaia di candele accese che illuminavano lo splendido salone. Arazzi e dipinti preziosi decoravano le pareti e il pavimento lucido di marmo, rifletteva la variopinta nobile gioventù accorsa per l’occasione. Fra le tante splendide fanciulle, Alexandre notò subito una bellissima principessa che non aveva mai visto. Elena, figlia dei sovrani d’oltremare, era di un fascino sconvolgente. Un manto d’ebano incorniciava una viso d’angelo. Leggiadra come una farfalla, fu immediatamente scelta da Alexandre come sua futura sposa. E così, dopo un mese, si celebrarono le sfarzose nozze, e Elena e Alexandre si sposarono fra mille festeggiamenti. La notte delle nozze, quando tutti gli invitati furono andati via, nell’intimità della loro stanza, il principe propose un brindisi. Senza farsi vedere, mescolò la pozione magica della strega, al vino, e porse la coppa alla sposa. “Grazie-rispose Elena, felice e ardente. La bellissima fanciulla fin da subito si era completamente innamorata di Alexandre-brinderò a noi e al nostro futuro.” Il principe vide la moglie avvicinare alle rosse labbra, la coppa che le aveva dato, e berne il contenuto. Elena, poco dopo, impallidì e fissò, stravolta, Alexandre. Contemporaneamente il principe avvertì, un calore divampante e un fuoco ardente riempirgli il petto. Per la prima volta, nella sua vita, sentì palpitare l’anima, e desiderio, amore, passione lo travolsero come un oceano, davanti alla sua bellissima sposa. Ma mentre la moglie, pian piano, si raggelava, Alexandre, si infiammava sempre di più e finalmente sentì nel petto, battere freneticamente un cuore. Il suo nuovo cuore. Provò a stringere al petto la moglie, ma ella, gelida come il ghiaccio, lo respinse. “Perché?-gli chiese il principe-perché non posso abbracciarti? Sei mia moglie!” Elena, glaciale, mormorò: “Lo so che sei mio marito. Ma non so cosa mi accade…so solo che non sento nulla per te…mi sei indifferente, come un estraneo.” La moglie lo fissava con il vuoto negli occhi, poi indietreggiò lentamente e si sedette accanto al fuoco. Sembrava molto più interessata ale fiamme del caminetto che a lui. Il principe era stravolto. Cosa mai era successo? Ora aveva un cuore nuovo, caldo e palpitante, e l’unico desiderio che provava era stringere fra le braccia sua moglie. Ma Elena sembrava fredda e distante come il ghiaccio. Il principe, con sgomento, si accorse allora che la sua bellissima moglie, ora aveva il suo stesso sguardo, quello sguardo vuoto e indifferente che aveva lui, fino a qualche minuto prima. Alexandre provò e riprovò a parlare con la moglie, per tutta la notte. Cercò di persuaderla, di convincerla che lui l’amava e desiderava solo starle accanto e poterla amare. Ma lei non volle assolutamente che lui si avvicinasse. L’indomani mattina la sposa pretese di trasferirsi in un’altra camera del castello, con sgomento dei sovrani e di tutta la corte. Così neosposi dormirono in stanze separate, per tutti gli anni avvenire. Ciò che era avvenuto era incredibile. Alexandre aveva rubato il cuore della moglie, ma mentre lui ora ardeva d’amore per Elena, lei aveva perso la sua capacità d’amare, diventando fredda e indifferente come una statua di marmo. Esattamente come era stato il principe da quando era nato. Alexandre non salì mai sul trono, e passò tutta la vita a struggersi e tormentarsi per la moglie, che non ricambiò mai il suo amore. E ogni notte, l’infelice principe aveva l’impressione che qualcuno ridesse di lui.

domenica 9 ottobre 2016

THE HANDS OF TIME

The Hands OF Time-by Lucina Cuccio Time lived in a lost castle steeped on a mountain top. All day time would weave baskets of fruit for those he wanted to seduce. Once their souls were bought he kept them in oblivion made of false parties, forcing them to dance until they almost died. Time had many forms but his soul was evil and inexorable. He had no pity and could buy anyones’ soul. Implacable with people, cruel with animals, he passed eternity laughing about the end of life. Nothing had ever stopped him. Every person he kidnapped and brought into his domain aroused in this monster a certain kind of interest. Many men for their power, women for their beauty and animals because he realized that their numbers were diminishing rapidly. Time enjoyed himself lengthening the minutes of those who suffered and accelerating the days of those who were happy. In this way, much of life ended quickly and time enjoyed watching it fade away rapidly. When he decided that a persons’ life had to end in the dance of death, he made them taste the sweet fruits of the baskets .From that minute every living being lost in the oblivion of unconsciousness fell prey to tiredness, hunger and thirst. Time had no heart and was very vain. One day he took on the form of a delicate young girl and walked among men. He was looking for his prey when he spotted a young hunter who had just killed a deer. The animal had not been quite dead so the young man had finished it off with his bare hands. Time was fascinated with this kind of cruelty and decided to acquaint himself personally with the young man. So under the guise of this delicate young girl, he walked up to the hunter and presented himself as a young country girl. The youth was dazzled by such beauty and a few hours later, captured by the conversation and laughter between them, they started towards his hut. Time had never felt so emotional. He hid the basket of fruit and from that day lived in the hunters home with him. The hunter wanted to marry the young girl and the whole village turned up for the wedding. And so they were husband and wife. After some time, time realized “she” was going to have a child. “She” was flabbergasted at such a miracle. Never would “she” have thought that the body “she” had adopted could actually fall pregnant! So “she” ran to look for the husband in the forest to tell him the good news. But the hunter, taking another path, arrived at the hut before his wife, and starving, looked frantically here and there for something to eat. Opening the chest where he thought he would find the dried meats, under plates and pots and pans, he discovered the basket of fruits. With great gusto he tasted an apple and from that moment fell into a strange oblivion and began dancing around the house. A few minutes later Time returned home and found her husband like an automatum sweating and tired dancing around agitating himself like a madman. Petrified and surprise, she immediately noticed the basket and the bitten apple that had fallen on the floor. All time’s efforts to nullify the very rules he had established were in vain.Time lost ‘her” husband, who after a few days was struck down by thirst and tiredness, as well as the child in “ her” womb. “She” felt disappointment and pain in those days in the hut watching “her” husband dance himself to death. Upset and desperate, Time returned to his mission even more cruel and ruthless than before. But in the following decades, he never again assumed the form of a woman. Humanity realized that in the last decade the days flew by as if the minutes had been shortened. Many people blamed the modern era and the frenetic rhythms of life, but in reality, Time had decided that the existence of humanity had to be ultimately shortened.