mercoledì 19 agosto 2020

LE PAROLE DEGLI ALBERI

Tanto tempo fa, in una regione sperduta del Nord Europa, giunse uno studioso di erbe medicinali che nonostante la giovane età, era diventato famoso per i miracolosi medicamenti da lui preparati. Per molti mesi aveva perlustrato varie zone di quello Stato in cerca di piante e arbusti che potessero migliorare i suoi balsami. Ma quel viaggio per lui, rappresentava un momento di pausa, oltre che di lavoro. La fama e il successo lo avevano reso molto popolare e ricercato, così la sua giovane moglie era diventata gelosa e aggressiva. Le provocanti e avvenenti clienti, rappresentavano potenziali pericoli per la loro unione, così la consorte lo controllava, lo spiava perfino quando preparava i vari rimedi medici. La donna era una presenza costante e ossessiva che portava la coppia a continue litigate. E spesso le sere, lo studioso le passava nel laboratorio, esausto per l’ennesima scenata e la moglie a piangere nel letto. Così, qualche mese prima, l’uomo aveva deciso di fare un viaggio alla ricerca di nuove erbe…Ma in realtà desiderava anche allontanarsi dalla moglie e dalle sue scenate di gelosia. Aveva sentito parlare di una regione isolata ma molto ricca di vegetali pregiati e anche molto ricercati così, nonostante le suppliche e le minacce della sposa, era partito lo stesso alla volta di quella zona così singolare. Le settimane erano volate, e lo studioso, nonostante la stanchezza del viaggio, si sentiva già sollevato per non dover più subire altre scenate di gelosia. La consorte gli mancava ma era anche contento della pace ritrovata. Così infine, giunse nella famosa regione e dopo aver girovagato un bel po’ per monti e valli arrivò a destinazione. Quel giorno aveva attraversato vari avvallamenti per giungere in quella zona montuosa, ricca di boschi e foreste. Il pomeriggio stava volgendo al termine e lo studioso cercò le indicazioni per trovare un paese dove certamente avrebbe potuto pernottare. Per arrivare al villaggio, un piccolo borgo medievale, doveva attraversare un fitto bosco di pini e salici. Sul versante orientale si trovava una strada sterrata che si ricongiungeva, attraversando la selva, a quella principale. George Cecil Browne, stanco per aver camminato molto a lungo in quella fredda giornata autunnale, vide l’insegna lignea che indicava la località designata, così si addentrò nel profondo e impenetrabile bosco per raggiungerla. Ogni passo era difficile per i folti cespugli, grovigli di rami e foglie secche, alberi caduti e discese poco visibili. Il cammino lento permise così a George di osservare, con attenzione, la folta vegetazione e gli ultimi fiori che stanchi tentavano di sopravvivere nella macchia intricata. Pallidi e rari raggi di sole penetravano attraverso quel tetto frondoso di rami e foglie prossime a cadere. “ Ma guarda! –esclamò lo studioso-Achillea e Tarassaco!” E subito si fermò a raccogliere i preziosi vegetali, stando attendo a non rovinare le piante da cui aveva preso qualche foglia. Così, valutando l’area interessante, si guardò intorno nella speranza di trovarne altre. Perlustrando con occhi attenti il terreno, sfiorò con lo sguardo la corteccia di un albero e rimase a bocca aperta. Si avvicinò sempre di più, mettendo a fuoco quelle che riconobbe come alcune lettere dell’alfabeto…Ma ciò che di veramente bizzarro sconvolse l’animo dello studioso fu che le lettere, che formavano una frase di senso compiuto, non erano intagliate sulla superficie del tronco, ma bensì sporgevano all’esterno. “Non è possibile-continuava a ripetere l’uomo- come fa una pianta a produrre una simile alterazione della corteccia?” La frase, con un’elegante scrittura in corsivo, recitava: “Non è un buon affare. Devo parlare di nuovo con il ministro degli esteri.” E mentre il pover’uomo trasecolava, spostando lo sguardo verso l’albero accanto, si accorse che anche quello aveva una frase sulla corteccia che recitava : “Questa cena è troppo noiosa!” E così più lo scienziato perlustrava il bosco, migliaia e migliaia di frasi emergevano dal tronco degli alberi, ad altezza d’uomo. Ma anche verso il basso e fra i rami più alti. I messaggi non si potevano contare. George incuriosito, scrutava gli alberi, anche i più lontani, trovando sempre molte frasi e realizzando che chi avesse voluto leggerle tutte, doveva faticare un bel po’! Il ricercatore, dopo varie ore, esausto, lasciò il bosco e raggiunse la via principale che portava al paese. Ma nel percorrerla, in lontananza, su una collina solitaria che si stagliava sul cielo blu cobalto dove le prime stelle brillavano discrete, sorpassò le rovine di un vecchio castello ormai diroccato. Dalla cinta muraria, emergevano le torri e la pietra grigia dei muri merlati era ricoperta da vecchi rampicanti, in parte secchi. Delle antiche finestre bifore non rimanevano che pochi vetri policromi. Un tempo il castello doveva apparire come una splendida pietra di ghiaccio lucente ma ora sembrava solo un ramo scheletrico che si ergeva, prostrato, dal solitario promontorio. Lo studioso, in poco tempo, arrivò presso l’unica locanda del paese. Un edificio basso, dai mattoni rossi, con grandi finestre rettangolari e un grande ingresso ad arco. Un piacevole tepore accolse l’uomo quando entrò nella sala principale dove, vari tavoli, erano disposti non lontani da un grande camino scoppiettante. L’aria fredda della sera e l’umido del bosco stentarono ad andarsene dal mantello che George posò su una delle seggiole del tavolo libero dove si accomodò. Subito lo raggiunse l’oste con una brocca di vino che versò immediatamente nel bicchiere, dando per scontato che lo studioso l’avesse richiesto. “Oltre a cenare, potrei avere una camera per stanotte?” Chiese il viaggiatore, sorseggiando il liquido violaceo e analizzando con sguardo leggero, i vari commensali che, con il loro allegro chiacchiericcio, allietavano l’atmosfera e l’ambiente dove il personale di sala serviva velocemente i vari clienti. Contadini e mercanti formavano un’allegra compagnia in quel luogo che ispirava relax e desiderio di divertirsi. “Naturalmente”- rispose il padrone della locanda, con orgoglio, lisciandosi i folti baffi e aggiunse: “ Le daremo la camera ad ovest che di solito è molto calda. Per il desinare, gradirebbe il nostro stufato di carne e il dolce di mele?” Lo studioso assentì, godendosi quel caldo consolante e sistemandosi più comodamente sulla sedia. Era un momento felice della giornata, per lui che gioiva soprattutto quando riusciva a trovare qualche rara pianta erbacea per i suoi medicamenti. L’oste gli servì, poco dopo, un abbondante porzione di stufato, con contorno di varie verdure, una fragrante pagnotta di pane di casa appena sfornata, ancora una caraffa di vino e una fetta di crostata di mele. George lentamente, si gustò la cena, senza lasciare avanzi e rilassato e soddisfatto, mentre l’oste sparecchiava, abbandonò il rituale riserbo, chiedendogli: “Mi scusi, ma devo proprio chiederle un’informazione. Avete fatto studiare lo strano fenomeno botanico a cui sono soggetti gli alberi del bosco?” Il padrone della locanda si bloccò, con il piatto a mezz’aria e inclinando la testa rispose: “Ma di quale fenomeno sta parlando?” Lo studioso pensava fosse il vino ad ottenebrargli momentaneamente il senso spiccato di osservazione, ma avrebbe giurato che l’oste fosse impallidito per la domanda, per poi immediatamente, riprendere la precedente compostezza. “Ma sì- continuò lo studioso- le parole degli alberi che emergono dalla corteccia. Sono un esperto di botanica e sono rimasto sconvolto alla vista di un simile fenomeno. Mai visto niente del genere!” L’oste rimase in silenzio per qualche secondo, quasi stesse valutando il tipo di risposta da dargli. Poi sembrò decidere e George dovette avvicinarsi di più per riuscire a sentire tutto il racconto che il padrone della locanda, sottovoce, gli svelò, con l’enfasi della rivelazione di un grande e oscuro segreto. “Posso sedermi accanto a lei?” Chiese il baffuto albergatore, indicando un posto libero. “Ma certo!” Gli rispose l’ospite sempre più curioso. Era certo che la richiesta di accomodarsi accanto a lui fosse il preludio di un lungo e interessante racconto. “Dunque-iniziò l’oste, sistemandosi più comodamente-ciò che ha osservato nel bosco, ed esattamente le parole sulla corteccia degli alberi, non sono un fenomeno botanico, come lei poc’anzi l’ha definito. Ma un sortilegio…Un incantesimo di una strega malvagia.” Lo studioso non scoppiò a ridere per miracolo e soffocò l’impulso in un altro sorso di vino. “Un sortilegio?” Gli fece eco, sorridendo suo malgrado. Si sarebbe aspettato una spiegazione più realistica ma una simile risposta così, sparata a bruciapelo, lo divertì decisamente. Passarono alcuni minuti prima che il locandiere, quasi rassegnato, replicò: “Lo so, nessuno ci crede. Molti viaggiatori hanno attraversato il bosco, poi giunti qui, esattamente come lei, hanno chiesto del mistero degli alberi e tutti non hanno creduto subito alla spiegazione che io o gli altri abitanti del villaggio abbiamo dato.” George non voleva offendere l’oste che si era dimostrato così gentile e tentò di rimediare:” Mi scusi, ma sa, trovo davvero difficile credere che le parole sulla corteccia degli alberi siano frutto di una magia. Sono un uomo molto razionale e credo solo nei fenomeni che si possono studiare.” Mentre i due uomini parlavano, in maniera quasi impercettibile, il rumore della sala stava diminuendo. Gli avventori continuavano a mangiare e divertirsi ma l’ultimo arrivato era sicuro che molti di loro avevano drizzato le orecchie per non perdersi nemmeno una sillaba della loro conversazione. “Naturalmente-mormorò il padrone della locanda-ma abbia pazienza e vedrà che quando saprà tutta la storia, ciò che ha visto nel bosco avrà per lei un senso.” George non proferì parola ma, poggiando bene le spalle sullo schienale, si apprestò a sentire quello che per lui era un racconto già in partenza piuttosto fantomatico. Il locandiere, quasi sviando lo sguardo dallo studioso e trovando molto interessante la piega della tovaglia che ricopriva il tavola, sospirando, proseguì: Pochi secoli fa, il castello che lei ha visto sicuramente lungo la strada per arrivare al villaggio, era proprietà di un’antica e nobile casata reale. E grandi furono i festeggiamenti per le nozze della principessa, unica erede con un principe di un potente Stato vicino. La giovane sposa era molto innamorata del marito la cui fama di bellezza aveva attraversato monti e valichi. A memoria d’uomo, nessuno aveva mai visto un giovane così incantevole. Il nobile aveva occhi più azzurri e profondi del cielo, capelli neri e lucenti e un corpo di grande potenza e prestanza. Quando il principe percorreva una via a piedi o a cavallo, le persone si fermavano a contemplarlo. Ogni suddito rimaneva incantato e perso nel suo fascino bruciante. Una statua greca dalle sembianze umane. Purtroppo per la giovane principessa, tanta avvenenza rappresentò una fonte di perenne gelosia. Si narra che, subito dopo il matrimonio, iniziarono i litigi e le scenate.” A questo punto, George si sentì quasi il protagonista di quella vicenda. Tante erano le correlazioni fra i suoi problemi coniugali e quelli del novello sposo. Il locandiere continuò: “La giovane principessa era ossessionata dal marito. Tutto il giorno lo seguiva di nascosto. Nel corso delle battute di caccia, camuffandosi da servitore, durante le riunioni con i vari dignitari, nascondendosi dietro le tende e perfino nei viaggi di affari. Lo spiava continuamente e frugava fra le sue cose. Apriva perfino la sua corrispondenza, ma non era mai soddisfatta. Sospettava di tutto e di tutti. Dal canto suo si racconta che il principe amasse molto la giovane consorte… Ma era frustrato da un simile assedio. Si sentiva perseguitato e ossessionato dalla gelosia della moglie che non accennava a diminuire. E così il matrimonio era costellato da scenate, pianti e liti furibonde. Un giorno, la principessa, divorata ancora più del solito, dalla febbre di sapere tutto riguardo al marito, si recò da una strega molto potente. Quel giorno aveva toccato il fondo della propria frustrazione. Chiese alla strega un incantesimo. Una magia che facesse apparire in un libro dalle pagine bianche, sotto forma di frasi scritte, i pensieri del marito. Così lei avrebbe potuto leggerli e conoscere tutto. Anche i pensieri più proibiti e reconditi dello sposo. La strega possedeva un simile sortilegio e chiese alla giovane principessa una grande quantità d’oro. Ma il regno non ne possedeva tanto, così loscamente, per raggiungere la misura richiesta, la giovane fece ricoprire con sottili lamine d’oro, varie coppe e oggetti di ferro e rame. Purtroppo la fattucchiera si accorse dell’inganno e volle punire la principessa. Concesse sì la magia ma i pensieri del principe non comparirono scritti nel libro ma sulla corteccia degli alberi del bosco. E solo la principessa sarebbe stata in grado di vederli e leggerli. Così da quel giorno, la giovane sposa, trafelata, correva di giorno e di notte nel bosco per leggere i pensieri del marito. Nessuno seppe del patto fra la strega e la fanciulla e i sudditi non capirono perché la giovane donna, sotto la neve o la mattina all’alba, o nelle ore più strane, si precipitasse verso il bosco, si arrampicasse sugli alberi, o vi girasse intorno alla ricerca di chissà cosa. Pian piano la salute della principessa andò deteriorandosi e morì pochi anni dopo, seguita dal marito reso infelice e disperato da quell’assurda situazione. Non lasciarono eredi e il regno senza oro, andò in rovina. Solo pochi giorni dopo la morte dell’infelice sposa, i sudditi si accorsero delle frasi che erano apparse sulla corteccia degli alberi. E capirono. Il resto della storia è leggenda.” Il locandiere si accorse che il racconto aveva molto turbato il giovane studioso, così lo accompagnò al piano superiore dove lo fece accomodare nella stanza in cui avrebbe passato la notte. George era rimasto molto colpito da quella storia e dalla sorte della giovane principessa. Provava pietà per tutta quella faccenda e compassione per la nobile ragazza. Forse il marito avrebbe dovuto rassicurarla di più, così da evitare che lei si rivolgesse alla strega, origine di tutte le sventure. Forse il principe, a causa dell’insicurezza e quindi, della gelosia della consorte, si spazientiva e si innervosiva per niente, peggiorando la situazione. Quella notte furono molte le considerazioni che fece lo studioso. Tante similitudini lo portarono ad un attento e scrupoloso esame di sé stesso, del suo matrimonio e del suo operato. Partire e lasciare a casa la moglie gelosa gli era sembrata un’ottima soluzione, ma in realtà, ora si sentiva solo un vile codardo. Aveva scelto la strada più facile. Aveva preferito scappare piuttosto che trovare una soluzione. Risolvere la questione. Così, l’indomani, mosso da un nuovo spirito di responsabilità e saggezza, pagò il conto della locanda e partì per far ritorno a casa. Avrebbe chiarito tutto con la moglie, ripromettendosi di essere con lei, più paziente e di renderla partecipe del suo lavoro e dei suoi affari. L’avrebbe continuamente rassicurata riguardo il suo affetto e la sua devozione così da dissipare ogni gelosia. La felicità del suo focolare domestico dipendeva da come lo studioso, ma anche la moglie, avrebbero affrontato e risolto ogni sciocco dubbio o eventuale problema, poiché il segreto di un matrimonio, e ora ne era certo, stava nella forza e nella volontà dei coniugi di sorreggere, in una strada in salita, l’un l’altro. Immagine e racconto di Lucina Cuccio