
sabato 26 dicembre 2015
LA PASTASCIUTTA DI BABBO NATALE

giovedì 17 dicembre 2015
LA GROTTA DELL'ACQUA

venerdì 11 dicembre 2015

GIORNO DOPO GIORNO

giovedì 10 dicembre 2015
SUSSULTI DI VITA

mercoledì 9 dicembre 2015
GIORNO DOPO GIORNO

IL REGNO DELLE PIETRE
IL REGNO DELLE PIETRE
L’imperatore Diamante e la regina Ametista governavano il regno delle pietre dell’universo con saggezza e bontà. I sudditi, pietre preziose e comuni sassi obbedivano ai loro voleri senza ribellarsi e sulla terra avevano imparato a convivere con l’uomo. Ogni tanto qualche straniero arrivava sul pianeta tramite meteoriti, per omaggiare i sovrani che vivevano in un castello costruito con acquemarine e smeraldi. Le torri era fatte da rubini e le finestre e le porte realizzate da enormi e luccicanti zaffiri.
Sulla terra i massi rotolavano solo se avevano il permesso di muoversi, ciottoli e ghiaie contemplavano la fredda luna e il cocente sole senza iniziative personali. Il fondo degli oceani raccoglieva nelle sue mani l’acqua preziosa che carezzava le rocce, levigandole e la polvere viaggiava insieme ad altri pulviscoli, leggera e aggraziata. Ma dalla notte dei tempi, questo regno così ben governato aveva un bel problema…Diamante doveva placare la rabbia di un tipo di pietra che aveva sempre da ridire. Infatti la lava si ribellava sempre ai suoi ordini e non voleva diventare dura come le altre pietre. Solo l’intervento dell’imperatore la costringeva ad assumere forma solida. Gli scoppi d’ira di queste pietre liquide tormentavano la terra, e fuoriuscivano dai budelli del pianeta, gridando e fumando, rosse di rabbia e nervosismo. I vulcani esplodevano spesso e l’imperatore Diamante doveva intervenire subito per fermare i fiumi bollenti che rotolavano giù, implacabili e spietati. Gli uomini non ne potevano più di questi problemi con la lava, così tentarono perfino di sigillare un vulcano, il Vesuvio, per impedire che la lava fuoriuscisse. Risultato: il vulcano esplose distruggendo le città vicine.
La lava era comandata da un principe prepotente e dispettoso, lontano cugino di Diamante e da sempre innamorato della regina Ametista. Millenni prima, aveva offerto alla sovrana la sua proposta di matrimonio, ma Ametista voleva sposare Diamante e rifiutò l’intenzione della lava. Così il principe sfogava la sua rabbia, ribollendo ed eruttando la tristezza e la disperazione attraverso i vulcani, suoi fidati amici.
Ametista sapeva che, in qualche maniera, il principe della lava soffriva per amore e così gli propose un accordo. Per non lasciarlo solo, alcuni nobili e dignitari di corte, pietre preziosissime, avrebbero abitato nei coni dei vulcani per fargli compagnia e rallegrarlo. E così da quel giorno la lava, quando fuoriusciva, salutava i rubini e gli zaffiri incastonati fra le pietre delle pareti dei vulcani, e in cambio il principe della lava avrebbe dato spettacolo della sua forza e potenza con meravigliosi schizzi e spruzzi di fuoco e fiamme che avrebbero illuminato il blu della notte.
domenica 22 novembre 2015
IL PARADISO NEL CUORE
IL PARADISO NEL CUORE
Nel mondo dei desideri, il dio denaro era il più potente. Milioni e milioni di pensieri assetati gli arrivavano ogni giorno e lui naturalmente era orgoglioso e tronfio di tale successo. Fin dall’inizio del tempo gli uomini avevano per questo dio almeno un desiderio al giorno. Notte e giorno, ogni persona del pianeta di qualunque età, religione, sesso, classe sociale e culturale, dedicava al denaro la fantasia di possederlo. Ma nel mondo dei desideri, anche la salute, l’orgoglio, l’amore erano molto potenti ma nessuno lo era come il dio denaro e così questo dio, egoista e crudele si sentiva il padrone di questo universo.
“Tutti mi desiderano-affermava ogni giorno a tutte le divinità di questo cosmo- e nessuno è immune al desiderio di possedermi.” E lì a vantarsi, a pavoneggiarsi, a compiacersi.
La dea della pace cercava di controbattere:” Ma tante persone del pianeta terra desiderano anche me e sono milioni! Sento le loro voci e ascolto i loro pensieri! Tantissimi desiderano la pace!”
“Ma fammi il piacere!- replicava Denaro, cattivo e arrogante-qualsiasi desiderio di pace, davanti al desiderio del soldi viene spazzato via in un attimo! L’umanità ama più me della propria anima!”
Ma la pace esasperata lo provocò:” Vuoi scommettere che troverò qualcuno che non ti ha mai desiderato?”
Il dio denaro si zittì, turbato e sospettoso:” Tu mi assicuri che esiste un uomo, sulla faccia della terra che nel suo cuore non ha mai desiderato l’oro, i gioielli e quindi il denaro?”
La dea sorrise e replicò: “ Quest’uomo è già nato e se vuoi, ti mostro dove vive e lavora.”
Il dio denaro, fuori di sé dalla curiosità e dallo smarrimento, esclamò:” E allora dimmi qualcosa di lui! Cavolo, deve essere diverso come un extraterrestre se nella sua vita non ha mai rivolto a me, almeno un desiderio! Dimmi…cosa vedi nel suo cuore?”
La dea della pace rispose: “ Nel suo cuore vedo il paradiso! Vedo saggezza…vedo mansuetudine…Tolleranza. E ogni giorno mi rivolge sempre un pensiero!”
Il dio denaro allora esclamò: “Non è possibile!! Non esiste un uomo simile! Fammelo vedere subito!”
La dea della pace aprì il sipario del tempo e dello spazio e mostrò all’orgoglioso dio denaro, dove viveva quest’uomo così speciale.
“Ma è povero!!!!” esclamò il dio denaro.
“Appunto” rispose la dea della pace.
“E’ figlio di un falegname!” Gridò inorridito il dio.
“Già.”
“ Veste di stracci….sento-il dio denaro ascoltava i pensieri di quell’uomo così speciale- sento che è stanco. Ha anche fame!”
La dea della pace, contenta e soddisfatta, allora lo zittì: “ Come vedi, nel suo cuore non ha mai desiderato il denaro! Ed è incredibile, quest’uomo tanto diverso dal resto dell’umanità, non ha mai desiderato né il potere, nessuna ricchezza e nessun regno.
Il dio denaro era esterrefatto e guardava il giovane lavorare nella bottega del padre. Docile, sottomesso, eppure la sua potenza straripava dal suo cuore. Aveva in sé il paradiso e voleva donarlo anche agli altri.
“E sai una cosa?-aggiunse la dea della pace- non è un miserabile come pensi. Anche se è povero…anche se vive in una misera casa e veste di tracci, non immaginerai mai chi è …”
Il dio denaro, esasperato e umiliato, esclamò:” E allora chi è? Un dio?”
“Appunto” Rispose la dea della pace, con un luccichio nel cuore.
venerdì 13 novembre 2015
L'IDAGO E I LAGHI DI PIETRA

sabato 24 ottobre 2015
L'IDAGO RICONQUISTA IL PALAZZO

L'IDAGO RICONQUISTA IL PALAZZO

giovedì 22 ottobre 2015
NELLE MANI DELL'IDAGO

venerdì 16 ottobre 2015
NELLE MANI DELL'IDAGO (RACCONTO)

giovedì 15 ottobre 2015
Il FANTASMA SENZ’ANIMA
La fulgida bellezza di Edoardo era stata incenerita dalla peste che nel 1630 era scoppiata a Milano. L’epidemia non aveva risparmiato nemmeno la nobile famiglia del giovane ed uno ad uno, tutti i familiari, straziati e torturati erano morti fra mille sofferenze. Edoardo aveva lasciato questa vita per ultimo, dopo aver seppellito i suoi cari e soprattutto l’amato fratello. Per settimane, notte e giorno, aveva pregato che la terribile malattia risparmiasse i suoi cari ma le sue invocazioni erano rimaste vane e così quando l’ora della morte era arrivata anche per lui, Edoardo era pieno di odio per la vita, per il destino, per tutto l’universo. La sua anima tracimava di rancore liquido e miseria d’amore. Vent’anni erano sufficienti per spirare gridando contro la vita e l’universo? Sembrerebbe di sì e così Edoardo, livido di violenza, era diventato un fantasma, schiavo del suo rancore e del suo astio. Aveva mantenuto la bellezza della mortalità…anzi, nell’oltretomba era diventato ancora più bello…nemmeno il sole o la luna era così splendenti, ma rimaneva prigioniero di un mondo freddo, silenzioso e solitario. La condanna che gli era stata inflitta erano stati infatti mille anni di solitudine. Il suo fantasma aveva accesso al mondo dei viventi, ma non poteva essere visto da nessuno, non poteva parlare con le persone e non poteva toccare niente. Nemmeno con gli altri fantasmi come lui poteva comunicare ma poteva tentare di influenzare solo i pensieri degli esseri viventi poiché i fantasmi sono fatti di elettricità e quindi possono condizionare la trasmissione elettrica dei neuroni. Ma Edoardo era completamente solo e così dal giorno della sua morte, aveva vagato per le città, per le valli, cattivo e perfido, influenzando e portando alla violenza qualsiasi essere vivete incontrasse.
Non gli importava più nulla di ciò che faceva e magari delle conseguenze. Cosa importava se invece di mille anni, la sua condanna sarebbe stata allungata a diecimila anni? Edoardo non aveva più cuore né anima. La cattiveria era la sua vendetta. La vita gli aveva tolto tutto, anche il caro fratello amato più di chiunque altro e più giovane di lui di dieci anni. Così per secoli questo fantasma si era vendicato sugli esseri viventi. Se c’era una violente lite, se c’era una guerra o un incidente, sicuramente Edoardo era vicino. Ma dopo tre secoli, questo terribile fantasma aveva cominciato ad annoiarsi. Aveva visto ogni città del mondo, ogni paese e conosciuto ad uno ad uno ogni abitante della terra. Per Edoardo non esisteva notte né giorno ma un lungo e infinito secondo nel quale si muoveva alla velocità della luce, raggiungendo qualsiasi luogo del pianeta. Ogni tanto il riflesso del sole illuminava la sua bellezza, luminosa e splendente e si chiedeva perché la vita gli era stata tolta così presto. Non si era potuto sposare, né avere figli. Non aveva potuto godere della sua famiglia e la ricchezza della nobiltà non aveva salvato i suoi cari. Gli mancava un figlio, al quale potere dare il nome di suo padre e tramandare il nobile casato. Gli mancava la dolcezza di una moglie, ma ora era troppo tardi. Finita la sua condanna cosa ne sarebbe stato di lui? Un fantasma che nell’aldilà aveva commesso solo cattiverie, a cosa era destinato? Probabilmente a rimanere ancora incastrato nel silenzio e nel ghiaccio della sua condanna. Nessuno avrebbe avuto pietà per la sua anima poiché il suo cuore da troppo tempo si era dato all’odio e alla cattiveria. Così mentre vagava all’alba, nei boschi delle Alpi, vide un cacciatore che si era infortunato. Era a terra, dolorante, mentre con un telefono chiamava aiuto. Ma Improvvisamente dai boschi un terribile orso fiutò il suo sangue e pericolosamente si avvicinò al malcapitato. Edoardo comprese subito il pericolo e per la prima volta in trecento anni, fece una buona azione. Si intrufolò nei pensieri dell’animale e riuscì a distrarlo e ad allontanarlo dal cacciatore. Pochi minuti dopo l’infortunato era stato soccorso e portato in ospedale da alcuni amici. Edoardo lo seguì, chiedendosi perché lo aveva salvato. Cosa mai gli stava accadendo? Non era la cattiveria l’unico cibo della sua anima. Cosa gli importava di fare una buna azione?
Perso nei suoi pensieri, non si accorse che nella stanza dell’ospedale dove il cacciatore era stato ricoverato, entrarono la moglie e i figli. Un bambino di dieci anni e una ragazza. Edoardo aveva visto molte donne, ma nessuna era bella come quella. Faceva quasi male guardarla, come quei capelli castani come la corteccia degli alberi e gli occhi color dei boschi estivi. E il fratello lo traumatizzò ancora di più. Simile per tanti aspetti al suo povero fratello scomparso. Edoardo li vide affettuosi e solerti accanto al padre e la vista di quella bellissima famiglia lo fece sentire ancora più solo e disperato. Anche lui voleva una famiglia simile, con l’amore di una donna e il dolce tepore del sorriso dei figli….invece la sua esistenza terrena era stata breve e superficiale e la sua morte, cruda, dolorosa e cattiva. Così per la prima volta, da quando aveva lasciato questa terra, pregò.
Pregò il cielo di avere pietà della sua anima….chiese perdono dei suoi sbagli…quelli terreni ma soprattutto quelli commessi nell’aldilà…chiese perdono per la sua cattiveria che gli aveva tolto l’anima e il cuore e chiese anche l’impossibile: Tornare in vita e avere una famiglia…voleva essere amato come quel cacciatore e poter stringere fra le braccia quella bellissima ragazza. Edoardo non sapeva nemmeno se cielo l’avrebbe ascoltato…ora che aveva visto quale gioia e felicità dona l’amore di una famiglia, anche lui voleva provare quelle emozioni e così continuò ad invocare il cielo con preghiere e suppliche. Non si allontanò più da quella bellissima fanciulla e quando il cacciatore fu dimesso, il suo spirito li seguì nella loro casa e non li lasciò più. Passarono i giorni, poi le settimane e il fantasma Edoardo, pazzo d’amore per quella fanciulla, continuava a rimanerle accanto, continuava a pregare il cielo che lo perdonasse e per una volta infrangesse le regole e cioè farlo tornare in vita per poterla sposare. Ogni sua parola era rivolta al cielo, ma per quanto lo invocasse, nulla della sua condizione era cambiata. L’infinito non lo perdonò e così passarono gli anni e Il povero fantasma vide la sua amata ragazza innamorarsi di un altro ragazzo, frequentarlo e dopo pochi mesi, sposarlo.
Edoardo le rimase vicino durante la cerimonia nuziale...e non la lasciò nemmeno quando partì per il viaggio di nozze. Era presente alla nascita dei suoi figli…era vicino a lei durante tutto giorno, quando andava al lavoro, quando cucinava, quando usciva con le amiche. E nelle lunghe serate d’inverno, Edoardo le stava vicino e anche se lei non lo poteva sentire, le parlava dolcemente, mentre il fuoco del camino scoppiettava. E così lentamente gli anni passarono e il fantasma rimase vicino alla sua amata fino alla fine, convinto che almeno nell’aldilà lei l’avrebbe raggiunto come fantasma. Ma La sua amata morì delicatamente, con un sorriso sulle labbra, circondata dai suoi figli e nipoti e da suo marito, ormai anziano. Ma Edoardo non fu raggiunto dal fantasma della ragazza poiché la sua anima era destinata ad un altro luogo, pieno di luce e di felicità e non alla prigione nella quale Edoardo era rimasto fin dalla sua morte. Il povero Fantasma rimase ancora più solo e triste, e si abbandonò alla disperazione. A nulla erano valse le sue preghiere. Gli era stato negato l’amore poiché il suo debito non era stato ancora pagato e le regole del cielo non potevano essere cambiate. Così Edoardo riprese a vagare per la terra, sperando che la giustizia divina non gli allungasse la pena e aspettando di poter essere libero e di poter provare anche lui un po’ di quell’amore che ogni essere vivente, vivo o morto, spera di avere.

domenica 4 ottobre 2015
RACCONTO: IL TEMPO NELLA BOTTIGLIA di LUCINA CUCCIO

Iscriviti a:
Post (Atom)