giovedì 15 ottobre 2015

Il FANTASMA SENZ’ANIMA La fulgida bellezza di Edoardo era stata incenerita dalla peste che nel 1630 era scoppiata a Milano. L’epidemia non aveva risparmiato nemmeno la nobile famiglia del giovane ed uno ad uno, tutti i familiari, straziati e torturati erano morti fra mille sofferenze. Edoardo aveva lasciato questa vita per ultimo, dopo aver seppellito i suoi cari e soprattutto l’amato fratello. Per settimane, notte e giorno, aveva pregato che la terribile malattia risparmiasse i suoi cari ma le sue invocazioni erano rimaste vane e così quando l’ora della morte era arrivata anche per lui, Edoardo era pieno di odio per la vita, per il destino, per tutto l’universo. La sua anima tracimava di rancore liquido e miseria d’amore. Vent’anni erano sufficienti per spirare gridando contro la vita e l’universo? Sembrerebbe di sì e così Edoardo, livido di violenza, era diventato un fantasma, schiavo del suo rancore e del suo astio. Aveva mantenuto la bellezza della mortalità…anzi, nell’oltretomba era diventato ancora più bello…nemmeno il sole o la luna era così splendenti, ma rimaneva prigioniero di un mondo freddo, silenzioso e solitario. La condanna che gli era stata inflitta erano stati infatti mille anni di solitudine. Il suo fantasma aveva accesso al mondo dei viventi, ma non poteva essere visto da nessuno, non poteva parlare con le persone e non poteva toccare niente. Nemmeno con gli altri fantasmi come lui poteva comunicare ma poteva tentare di influenzare solo i pensieri degli esseri viventi poiché i fantasmi sono fatti di elettricità e quindi possono condizionare la trasmissione elettrica dei neuroni. Ma Edoardo era completamente solo e così dal giorno della sua morte, aveva vagato per le città, per le valli, cattivo e perfido, influenzando e portando alla violenza qualsiasi essere vivete incontrasse. Non gli importava più nulla di ciò che faceva e magari delle conseguenze. Cosa importava se invece di mille anni, la sua condanna sarebbe stata allungata a diecimila anni? Edoardo non aveva più cuore né anima. La cattiveria era la sua vendetta. La vita gli aveva tolto tutto, anche il caro fratello amato più di chiunque altro e più giovane di lui di dieci anni. Così per secoli questo fantasma si era vendicato sugli esseri viventi. Se c’era una violente lite, se c’era una guerra o un incidente, sicuramente Edoardo era vicino. Ma dopo tre secoli, questo terribile fantasma aveva cominciato ad annoiarsi. Aveva visto ogni città del mondo, ogni paese e conosciuto ad uno ad uno ogni abitante della terra. Per Edoardo non esisteva notte né giorno ma un lungo e infinito secondo nel quale si muoveva alla velocità della luce, raggiungendo qualsiasi luogo del pianeta. Ogni tanto il riflesso del sole illuminava la sua bellezza, luminosa e splendente e si chiedeva perché la vita gli era stata tolta così presto. Non si era potuto sposare, né avere figli. Non aveva potuto godere della sua famiglia e la ricchezza della nobiltà non aveva salvato i suoi cari. Gli mancava un figlio, al quale potere dare il nome di suo padre e tramandare il nobile casato. Gli mancava la dolcezza di una moglie, ma ora era troppo tardi. Finita la sua condanna cosa ne sarebbe stato di lui? Un fantasma che nell’aldilà aveva commesso solo cattiverie, a cosa era destinato? Probabilmente a rimanere ancora incastrato nel silenzio e nel ghiaccio della sua condanna. Nessuno avrebbe avuto pietà per la sua anima poiché il suo cuore da troppo tempo si era dato all’odio e alla cattiveria. Così mentre vagava all’alba, nei boschi delle Alpi, vide un cacciatore che si era infortunato. Era a terra, dolorante, mentre con un telefono chiamava aiuto. Ma Improvvisamente dai boschi un terribile orso fiutò il suo sangue e pericolosamente si avvicinò al malcapitato. Edoardo comprese subito il pericolo e per la prima volta in trecento anni, fece una buona azione. Si intrufolò nei pensieri dell’animale e riuscì a distrarlo e ad allontanarlo dal cacciatore. Pochi minuti dopo l’infortunato era stato soccorso e portato in ospedale da alcuni amici. Edoardo lo seguì, chiedendosi perché lo aveva salvato. Cosa mai gli stava accadendo? Non era la cattiveria l’unico cibo della sua anima. Cosa gli importava di fare una buna azione? Perso nei suoi pensieri, non si accorse che nella stanza dell’ospedale dove il cacciatore era stato ricoverato, entrarono la moglie e i figli. Un bambino di dieci anni e una ragazza. Edoardo aveva visto molte donne, ma nessuna era bella come quella. Faceva quasi male guardarla, come quei capelli castani come la corteccia degli alberi e gli occhi color dei boschi estivi. E il fratello lo traumatizzò ancora di più. Simile per tanti aspetti al suo povero fratello scomparso. Edoardo li vide affettuosi e solerti accanto al padre e la vista di quella bellissima famiglia lo fece sentire ancora più solo e disperato. Anche lui voleva una famiglia simile, con l’amore di una donna e il dolce tepore del sorriso dei figli….invece la sua esistenza terrena era stata breve e superficiale e la sua morte, cruda, dolorosa e cattiva. Così per la prima volta, da quando aveva lasciato questa terra, pregò. Pregò il cielo di avere pietà della sua anima….chiese perdono dei suoi sbagli…quelli terreni ma soprattutto quelli commessi nell’aldilà…chiese perdono per la sua cattiveria che gli aveva tolto l’anima e il cuore e chiese anche l’impossibile: Tornare in vita e avere una famiglia…voleva essere amato come quel cacciatore e poter stringere fra le braccia quella bellissima ragazza. Edoardo non sapeva nemmeno se cielo l’avrebbe ascoltato…ora che aveva visto quale gioia e felicità dona l’amore di una famiglia, anche lui voleva provare quelle emozioni e così continuò ad invocare il cielo con preghiere e suppliche. Non si allontanò più da quella bellissima fanciulla e quando il cacciatore fu dimesso, il suo spirito li seguì nella loro casa e non li lasciò più. Passarono i giorni, poi le settimane e il fantasma Edoardo, pazzo d’amore per quella fanciulla, continuava a rimanerle accanto, continuava a pregare il cielo che lo perdonasse e per una volta infrangesse le regole e cioè farlo tornare in vita per poterla sposare. Ogni sua parola era rivolta al cielo, ma per quanto lo invocasse, nulla della sua condizione era cambiata. L’infinito non lo perdonò e così passarono gli anni e Il povero fantasma vide la sua amata ragazza innamorarsi di un altro ragazzo, frequentarlo e dopo pochi mesi, sposarlo. Edoardo le rimase vicino durante la cerimonia nuziale...e non la lasciò nemmeno quando partì per il viaggio di nozze. Era presente alla nascita dei suoi figli…era vicino a lei durante tutto giorno, quando andava al lavoro, quando cucinava, quando usciva con le amiche. E nelle lunghe serate d’inverno, Edoardo le stava vicino e anche se lei non lo poteva sentire, le parlava dolcemente, mentre il fuoco del camino scoppiettava. E così lentamente gli anni passarono e il fantasma rimase vicino alla sua amata fino alla fine, convinto che almeno nell’aldilà lei l’avrebbe raggiunto come fantasma. Ma La sua amata morì delicatamente, con un sorriso sulle labbra, circondata dai suoi figli e nipoti e da suo marito, ormai anziano. Ma Edoardo non fu raggiunto dal fantasma della ragazza poiché la sua anima era destinata ad un altro luogo, pieno di luce e di felicità e non alla prigione nella quale Edoardo era rimasto fin dalla sua morte. Il povero Fantasma rimase ancora più solo e triste, e si abbandonò alla disperazione. A nulla erano valse le sue preghiere. Gli era stato negato l’amore poiché il suo debito non era stato ancora pagato e le regole del cielo non potevano essere cambiate. Così Edoardo riprese a vagare per la terra, sperando che la giustizia divina non gli allungasse la pena e aspettando di poter essere libero e di poter provare anche lui un po’ di quell’amore che ogni essere vivente, vivo o morto, spera di avere.

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