lunedì 25 maggio 2015

POLVERE DI PANE

POLVERE DI PANE Tanto tempo fa, in un piccolo paese inglese, abitava una famiglia talmente misera che non aveva nemmeno i piatti in cui mangiare. Il padre aveva perso entrambe le gambe in guerra e la moglie, nel dare alla luce l’unica figlia femmina, si era ammalata gravemente e passava tutta la giornata sdraiata su un giaciglio di paglia poiché non possedevano nemmeno un letto su cui dormire…Così quando la figlia compì sedici anni, pregò i genitori di lasciarla partire. Desiderava andare a Londra per cercare un lavoro. La salute di entrambi i genitori era peggiorata e la madre stava lentamente spegnendosi fra il freddo e la fame. Il padre era disperato e così diede il consenso per quel viaggio. Marito e moglie affidarono al cielo la loro unica figlia, amata e adorata sopra ogni cosa al mondo. Essi conoscevano i pericoli della città ma fidavano sul buonsenso e la prudenza della giovane che poche ore dopo arrivò a Londra. Essa rimase a bocca aperta davanti a quell’elegante città, piena di carrozze, di signore raffinate che passeggiavano con lunghe vesti e piumati e frivoli cappellini, di edifici imponenti. Passando davanti un negozio che vendeva pane e dolci, lesse un cartello attaccato alla vetrina che diceva: “ Cercasi sguattera.” La giovane fanciulla vestiva di stracci, con ai piedi zoccoli di legno e un mantello di lana grezza, liso e stracciato. Per un attimo si guardò addosso, vergognandosi della sua miseria, non sapendo che i suoi capelli avevano i riflessi del sole e gli occhi erano più azzurri dei fiordalisi. Ma ella non conosceva la vanità né l’orgoglio o la superbia. La vita le aveva dato solo freddo e fame ma anche l’amore incondizionato dei genitori. Quindi si fece forza ed entrò facendo suonare il campanello posto sopra la porta a vetri della bottega. Si ritrovò davanti un lunghissimo bancone di legno e all’interno, esposti in bellavista, dolci, torte, biscotti e tanti panini profumati. Cannella, vaniglia e cioccolato aleggiavano nell’aria e la povera ragazza quasi svenne dalla fame. Non ricordava più da quanto tempo non mangiava. Un buffo signore rubicondo, con un strano cappello e un pancione nascosto dietro un grembiule immacolato uscì dal retro bottega. Si stava asciugando le mani, e si fermò alla vista della ragazza che fissava strabiliata e con gli occhi fuori dalle orbite, quel paradiso di dolci. “Desidera?” Chiese gentile. Aveva notato i vestiti stracciati della ragazza e la sua aria affamata. La poveretta deglutì varie volte e con voce gracchiante rispose timida: Ho letto il cartello fuori e cerco un lavoro. Sono appena arrivata dal paese.” Il Pasticcere, sfregandosi il grasso mento chiese:” Hai referenze?” “No…ma sono pronta a far tutto. I miei genitori sono malati e a casa hanno bisogno…” rispose sincera la ragazza. Ora parlava male dall’acquolina in bocca che le era venuto. Aveva appena adocchiato una torre di cioccolatini con sopra le nocciole. Il proprietario del negozio era un brav’uomo e si rendeva conto che la giovane era in difficoltà però non era stupido. Una bella commessa avrebbe attirato più clienti e avrebbe fatto una bella figura con i suoi vicini negozianti. “Va bene-rispose tonante-ti pago con una pagnotta al giorno, una fetta di carne o formaggio e un bicchiere di latte. Puoi dormire nel retrobottega e ti regalo anche un vestito decente. Mi aspetto però che tu pulisca tutto, ti alzi presto per aiutarmi a fare il pane, che ti occupi dei clienti. Alla fine del mese ti pagherò due sterline.” Ogni parola sembrava un tesoro…un empito di sollievo e gioia invase il cuore della ragazza e lo sguardo celeste per un attimo, si offuscò di pianto e riconoscenza per quel buffo ometto. La sera, sdraiata su un piccolo letto, nel retrobottega della pasticceria, ripensava a ciò che aveva imparato e che doveva svolgere quotidianamente. Si sentiva molto stanca ma soddisfatta e non le sembrava vero provare il senso di sazietà nello stomaco. Alla fine della giornata il pasticcere le aveva dato un bel bicchiere di latte fresco, una pagnotta ancora calda e una fetta di carne salata. La poveretta, appena sola, divorò quasi ingozzandosi il pane con il latte e assaporò il dolce gusto speziato della carne salata. Finì il suo desinare in un attimo e raccolse anche da terra le briciole di pane cadute, assaporandole come se fossero caramelle. Quindi, rannicchiandosi sotto le coperte, sprofondò in un sonno ristoratore. Non più un giaciglio di paglia…non più umido e freddo nella stanza…né crampi di fame…ma un caldo e comodo ambiente. L’indomani mattina, all’alba, aiutò il pasticcere a fare il pane, la crema glassata per le torte e i bignè con la panna. Già all’ora di apertura, una piccola folla di clienti si era radunata all’ingresso del negozio, attirata dalla fragranza dei profumi di vaniglia e cacao ma anche dalla vista della bellissima commessa che si affannava, dietro i vetri, a sistemare in bellavista le ciambelle con lo zucchero e il pan di zenzero. Per tutta la giornata la pasticceria fu piena di clienti e alla sera il proprietario, felice, contava il profitto della giornata. Così fu bel contento di dare alla ragazza la sua cena, poi ritornò a casa sua. Ma essa, proprio mentre stava per dare un bel morso al pane caldo si bloccò. Le balenarono davanti agli occhi i suoi poveri genitori, affamati ed infreddoliti. Così, sentendosi in colpa, mise da parte il pane e la carne e bevve solo il latte. Da quella sera, tutto ciò che le dava da mangiare il proprietario, lo metteva via, nutrendosi solo di un bicchiere di latte al giorno. La domenica si recò dai genitori portando con sé tutto il cibo che aveva messo da parte. I genitori piangevano di gioia mentre mangiavano il formaggio, la carne e il pane con il bicchiere di latte del giorno prima che era riuscita a tenere in fresco. Così la generosa e altruista fanciulla viva solo con un bicchiere di latte al giorno, e il sabato rimaneva completamente digiuna. Il suo latte serviva ai genitori la domenica appresso. Il pasticcere la faceva lavorare e non gli sfuggì che la poveretta aveva ricominciato ad avere lo guardo affamato. Ma, sicuro del cibo che le dava ogni sera, non ci pensò più di tanto. Un sabato sera la fame le mordeva lo stomaco. La fanciulla aveva messo da parte tutto il cibo che aveva risparmiato nella settimana e l’indomani avrebbe portato finalmente ai genitori anche le due sterline che il padrone le aveva dato. Il suo primo stipendio. Ma i crampi allo stomaco non le davano tregua e il profumo dei dolci nella bottega, era un supplizio di Tantalo. Decise così di andare a dormire, ma nello spogliarsi, si accorse che sul grembiule le era rimasta un po’ di polvere del pane sfornato nel pomeriggio. Con mani tremanti lo raccolse nel palmo della mano e lo mangiò facendolo squagliare in bocca. Un po’ del sapore del pane era meglio che niente! Così da quella sera, raccoglieva la polvere del pane dai suoi vestiti, serbando ogni granellino e se avanzava dai vassoi, invece di buttarlo via, lo raggruppava in un pugnetto mangiandolo con il latte. Piano piano i genitori, nutrendosi regolarmente, stavano meglio e con i soldi che la figlia portava a casa, riuscirono a comprare della legna per riscaldarsi e anche un materasso e delle coperte. Il pasticcere ogni mese pagava la ragazza ed era molto contento di come ella lavorava. Andava tutto così bene, la clientela aumentava e sembrava che tutta Londra volesse i suoi dolci. Ad un certo punto il proprietario pensò di aprire una seconda pasticceria. Aveva realizzato che assumere quella fanciulla era stata una buona azione e che il cielo lo aveva ripagato con il benessere ed il successo. Una sera, come al solito, aveva dato la cena alla fanciulla ed era tornato a casa. Ma a metà strada si era accorto di aver dimenticato i guanti e il cappello nella bottega e così tornò indietro. Aprì piano la porta del negozio, convinto che la fanciulla dormisse ed invece si trovò davanti una strana scena. La ragazza, in ginocchio, davanti al bancone principale, stava raccogliendo da terra la polvere del pane, per poi mangiarla. Il pover’uomo rimase di sasso. Era così incredibile quello che stava vedendo che ogni suono si era fermato in gola. Inghiottì a vuoto troppo strabiliato per parlare. La fanciulla, accortasi della sua presenza, scoppiò a piangere, raccontando il motivo di ciò che stava facendo. Raccontò della miseria della sua casa, della malattia dei genitori e del suo grande ed immenso amore per la famiglia. Era disposta a morire di fame pur di aiutare i suoi parenti. Il proprietario si commosse fino alle lacrime. Quella non era una ragazza…ma un angelo del cielo pronta a sacrificarsi per sua madre e suo padre. Da quel giorno il pasticcere le raddoppiò il cibo e il salario. A sue spese fece sistemare la casa dei genitori e quando la fanciulla, ormai adulta, si fidanzò e si sposò, le regalò un negozio tutto suo giacché in quegli anni, fortuna e benessere avevano accompagnato tutti i giorni del buon fornaio…

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