lunedì 25 maggio 2015

LA PELLE DELLE FORMICHE

La pelle delle formiche Tanto tempo fa, in un paese lontano, vi era un maestoso regno e nel più grande e lussuoso castello di quella regione dimoravano un re e una regina. Erano giovani sposi e formavano una splendida coppia. La sovrana era bellissima, con un portamento regale e una voce talmente bella che quando parlava tacevano tutti pur di sentire quei suoni così meravigliosi. Eppure nonostante i regali che la vita le avesse fatto la sovrana mostrava certe stranezze non proprio benevoli… Essa odiava tutti gli insetti… alla sola vista di una mosca, di una zanzara o peggio ancora, di un verme, entrava nel panico…e a tutti i giardinieri del regno aveva dato l’odine perentorio di distruggere tutti i formicai, tutti i nidi di api, di vespe e se vedevano strisciare o volare un qualsiasi insetto, dovevano ucciderlo immediatamente. Se la regina passeggiava nel giardino del castello, e incontrava una coccinella, subito con la sua bella scarpetta di raso la schiacciava senza pietà. Se scopriva un formicaio sotto una pietra a volte, invece di chiamare il giardiniere, lei stessa con un tubo, lo allagava, annegando le piccole operaie. Aveva dato fuoco ad alcune ragnatele e si divertiva a veder avvampare e rattrappirsi le zampe e l’addome dei ragni. Tutti sapevano del suo odio verso gli insetti ma essendo la monarca di quel regno, la sua parola era legge. A nulla valsero gli avvertimenti che saggi sudditi, studiosi di botanica, le aveva dato sull’utilità dei insetti. La regina voleva sterminarli tutti. A lei non importava dell’impollinazione dei frutti. Del bene che i vermi facevano alla terra. Passarono i primi tempi del matrimonio ma purtroppo non arrivò il lieto annuncio che tutti aspettavano. I sudditi attendevano l’erede al trono e il re, mese dopo mese si faceva sempre più impaziente. La regina convocò allora tutti i dottori più famosi del regno e provò qualsiasi cura fosse stata inventata pur di avere un bambino, con ahimè, nessun risultato. Anno dopo anno, il re, triste e avvilito, incominciò ad allontanarsi da lei. Per semplici sciocchezze litigavano violentemente e il re addirittura cominciò ad ignorare anche i suoi pareri e a comandare il regno da solo. Fu allora che la regina ebbe paura. Paura di perdere l’amore del marito e magari che lui si interessasse ad un’altra. Così dopo l’ennesima lite, incoraggiata da una sua dama di compagnia che spesso ne aveva sentito parlare, si recò da un vecchio eremita che viveva in cima ad un monte. Per tanti anni aveva vissuto solo e si nutriva di bacche ed erbe selvatiche. Molte persone dicevano che dava buoni consigli e qualcuno affermava addirittura avesse dei poteri magici… Dopo un giorno di cavallo, accompagnata da due guardie e dalla dama di compagnia, giunse infine all’ingresso della caverna dove dimorava il vecchio solitario. La salita della montagna era stata lunga e la regina si sentiva stanca e accaldata ma volle ugualmente scendere da cavallo e avventurarsi, scortata dalle guardie, fino alla spelonca dove era seduto il vecchio. Intorno a lui mucchi e mucchi di piccoli tondi sassi e un debole fuoco ne illuminava la barba bianca. Uno sguardo acuto come una lama trapassò il bel viso della sovrana. “Ti stavo aspettando…assassina.” Gracchiò il vecchio, accarezzando i sassi intorno a lui. La regina rimasse di ghiaccio ad un simile saluto. Sospirò scandalizzata a tale appellativo. “Assassina?” ripeté dura. “Come osi chiamarmi così?” Il vecchio porse le palme verso il fuoco: “ Certo…come chiami tu una persona che uccide esseri innocenti senza motivo?” La regina rifletté un momento poi esclamò: “ Ma io non ho mai ucciso nessuno! Nel mio regno non esiste la pena di morte!” Il vecchio sorrise ironico: “ Nessuno? E le migliaia e migliaia di api, farfalle, mosche, coccinelle e formiche che hai fatto uccidere? Tu come le chiami?” La regina rimase interdetta. Quel vecchio la trattava male. La condannava per aver fatto uccidere animali che lei considerava schifosi, indegni di vivere. A chi piacevano le mosche? E le zanzare? E i lombrichi poi non erano ributtanti? Senza parlare delle formiche!! “Ma non sono esseri innocenti! Sono solo insetti inutili!” Esclamò indignata. Il vecchio scosse la testa. Evidentemente la regina non aveva capito nulla. “Ogni essere vivente che si trova su questo pianeta ha diritto a vivere. E anche se diversi in dimensione, intelligenza o evoluzione, apparteniamo tutti a questa terra. Tu vivi, mangi, dormi esattamente come qualsiasi altro insetto che hai sterminato arrogandoti in diritto di farlo! Ma tu chi pensi di essere? Ti senti Dio per decidere la vita o la morte di altri esseri innocenti?” La regina taceva. Non era d’accordo con lui ma le parole del vecchio eremita le smossero qualcosa dentro. Sinceramente non aveva pensato a quell’aspetto. Aveva fatto uccidere gli insetti perché le facevano schifo…le davano la nausea… però non aveva considerato che erano degli esseri viventi come lei. “E così-continuò il vecchio-il cielo ti ha punita!” La regina aggrottò la fronte.” Punita?” Chiese confusa. “Certo…la tua sterilità! Tu che così facilmente togli la vita non hai avuto il dono di crearla.” La regina cominciò a tremare. Si sentiva male dal dolore e dalla disperazione. “Ma io non sapevo! Non potevo immaginare il dolore che avrei provocato!” Scoppiò a piangere disperata. Si torceva le mani sconfortata. Stava realizzando piano piano ciò che aveva fatto. “Ti prego-singhiozzava-ti supplico…aiutami! Cosa devo fare? Cosa devo fare? Se non darò un erede alla corona perderò l’amore di mio marito!” Il vecchio la vide coprirsi il viso con le mani e piangere accoratamente. La corazza di ghiaccio che aveva coperto il cuore della regina si era incrinato. “Lo so…lo so ho sbagliato! Chiedo perdono per tutto quello che fatto…aiutami tu, ti supplico. Salva il mio matrimonio e l’amore che mi unisce al mio consorte!” Una luce benevola attraversò il rugoso viso del vecchio. “Calmati, ora. Il tuo pentimento è sincero. Lo sento… così ho deciso di aiutarti.” Una flebile speranza interruppe la disperazione della sovrana. “Fai così-disse fatale- trova un formicaio non lontano dal castello…e occupati dei suoi abitanti.” La regina si zittì di colpo. Un brivido di paura le serpeggiò sulla schiena. “Occuparmi degli abitanti? Cioè mi devo occupare delle formiche?” La donna era sconvolta. “Esatto-mormorò il saggio-occupati della loro vita. Porta loro da mangiare, prenditi cura di loro come se fossero i tuoi figli.” “I miei figli?” Chiese la monarca fra lo sconvolto e il divertito. Devo portar loro le torte? I regali? Devo fargli le coccole?” “Certo-fai loro anche le carezze. Ti assicuro che l’apprezzeranno!” Il vecchio delirava! Ma come diavolo si potevano accarezzare le formiche? La Regina annaspava. “Ma come faccio ad accarezzarle?-chiese sconvolta-le formiche non hanno la pelle!” Il vecchio tornò ad accarezzare i sassi, prendendone qualcuno in mano e rigirandolo con la punta delle dita. Sembrava che il discorso fosse chiuso. “ Certo che l’hanno…tutti abbiamo una pelle…Anche le formiche. E tu devi imparare a toccarle…ad accarezzarle ed ad amarle.” La regina capì che il consiglio l’aveva avuto. Non insisté più e si allontanò mormorando un mesto ringraziamento. Giunta all’ingresso della caverna il vecchio le disse: “E quando sarà nato l’erede mi aspetto un dono da te…Un dono speciale.” “Un dono?-chiese incuriosita- certo. Quale dono?” Il vecchio sorrise: “Una pietra come questa- sollevò la mano verso la sua direzione- Piccola, tonda e levigata. La trovi facilmente…vicino i fiumi…il mare…i torrenti.” La regina annuì e lasciò la caverna. Durante la strade del ritorno ebbe modo di riflettere e l’indomani, tornata al castello, fece come le aveva consigliato il vecchio saggio. Per primo si sforzò di essere più affettuosa con il marito, e anche gentile ed affabile. Evitò i litigi e i battibecchi con il re e trovò un formicaio, vicino una quercia, lungo il confine nord del giardino. All’inizio fu molto difficile vincere la repulsione e la paura, ma poco alla volta il coraggio trionfò sul disgusto e sul ribrezzo. Ogni giorno portava alle formiche briciole di pane, procurò un pezzo di tronco secco per proteggere l’entrata del formicaio e alla fine, un giorno, si sedette a terra e giocò con due formiche, facendole camminare sulla punta delle dita, da una mano all’altra. Senza paura. Senza disgusto. Qualche tempo la regina, al settimo cielo, si accorse di aspettare un bimbo e il regno e soprattutto il re, impazzì di gioia quando nacque l’atteso e agognato erede al trono. Il bambino era bello come il sole e i sovrani lo chiamarono Libero…perché aveva liberato il regno dal pericolo dell’assenza di un erede e aveva fatto tornare la pace e l’amore fra i genitori. La regina non dimenticò il vecchio saggio e quando ritornò alla caverna per ringraziarlo, gli portò il sasso piccolo, tondo e levigato che le aveva chiesto quando si salutarono, alla fine del loro primo incontro. Entrambi sorrisero e la gioia illuminò i loro visi e anche i loro cuori. Il sasso che la regina portò si aggiunse ad una delle piccole montagne di pietre che circondavano il vecchio, in attesa che da lì a poco, ne sarebbero stati regalati altri.

Nessun commento:

Posta un commento