giovedì 4 marzo 2021

NELLE MANI DELL'IDAGO

Fra le creature della foresta, l’Idago era una delle più terribili. Feroce e crudele come la morte, era riuscito ad arrivare al comando di tutti gli elfi, le streghe e i fantasmi della terra. Solo a nominare il suo nome, le foglie degli alberi cadevano e i laghi si prosciugavano. I fiumi si gelavano come investiti da una glaciale tormenta di neve. Ogni animale che incontrasse l’Idago rimaneva immobile, paralizzato dalla paura dei suoi occhi di ghiaccio, mentre coloro che si fermavano a guardarlo un solo istante di più, impazzivano e perdevano la memoria poiché lo sguardo del terribile essere stregava i sensi e comandava la volontà. Era un re senza castello ma con milioni di sudditi, vivi e morti. Nessun uomo era mai riuscito a vederlo da vivo. Solo i fantasmi potevano vederlo e ne erano terrificati. L’Idago era figlio di un imperatore puma e di un’aquila reale, allevato dal ghiaccio e dalla morte. Gli era stato insegnato ad non aver paura di niente, ad essere crudele e spietato. Dopo tre secoli dalla sua nascita, aveva sottomesso i sovrani degli elfi e la regina delle streghe, così lui stesso aveva assoggettato tutti i regni magici della terra. La morte gli aveva regalato il potere di comandare ogni spirito dell’aldilà che non avesse raggiunto la sua destinazione finale mentre il padre e la madre gli avevano trasmesso la crudele bellezza degli animali. L’Idago non aveva nome, e d'altronde non gli serviva poiché nessuno osava rivolgergli la parola. Imponente e muscoloso, volava basso e veloce, silenzioso come la neve. Aveva artigli più affilati di lame, denti aguzzi come coltelli ma piume morbide e setose, rosse come sangue. Su ogni parte del corpo, verde come le foreste, piccoli smeraldi splendenti. Le ali era grandi e forti e camminava leggero, ma era vigoroso come mille leoni e resistente come il ferro. Nessun essere vivente era in grado di ucciderlo, poiché il suo cuore era protetto dal ghiaccio e dalla morte. Così gli elfi erano piombati nella paura e le streghe si nascondevano nelle valli solitarie pur di non incontrarlo. La feroce creatura si nutriva di spine, uccelli e serpenti. Non conosceva la pietà e non aveva mai provato tenerezza o amore. Era solo come un monarca, ombroso e duro. Padrone per metà del mondo, sentiva però che qualcosa mancava al suo impero. Tutto il potere accumulato doveva tramandarlo ad un suo simile, ma lui era unico al mondo. Non esisteva altra creatura come lui. Così decise di catturare un essere vivente per farne la sua sposa e avere un figlio. Elfi e streghe non lo attiravano così cominciò a cercare una donna che fosse bella, di sangue nobile ma crudele come lui. Trovò tante fanciulle che incontravano i suoi gusti, di nobile lignaggio, figlie di re e imperatori, quando un giorno vide una bellissima ragazza che zappava la terra. Non era né nobile né crudele ma bella come un raggio di sole e sentendola parlare con le altre persone, buona come l’amore. Per la prima volta la terribile creatura si innamorò di un altro essere vivente. L’Idago era terrorizzato…perché mai si sentiva così strano? Nel petto, il suo cuore andava a fuoco, il respiro era affannoso e brividi di piacere percorrevano il suo corpo piumato. Dimenticò l’umile origine della fanciulla, figlia di un contadino, così la sera la rapì portandola nella sua caverna, fra le foreste della Russia. Da secoli viveva in quella caverna sconosciuta, ricoperta da pelli di animali e decorata da pietre preziose. La ragazza, poverina si ritrovò sola, nelle mani dell’Idago, senza sapere chi fosse e cosa volesse da lei. Il posto dove l’aveva portata era caldo per via dei fuochi accesi all’interno e reso luminoso dalle migliaia di rubini e diamanti che brillavano. Tremante chiese, stringendosi le braccia al petto: “Chi sei e perché mi hai portato qui?” L’Idago fiutò la sua paura ma decise di essere sincero. Cercava di non usare i suoi poteri per influenzarne la mente e la volontà. Desiderava che la fanciulla rimanesse lucida e cosciente di sé stessa, ma era totalmente soggiogato dalla bellezza della ragazza. Ciò che lui stava provando aveva zittito la crudeltà del suo cuore. Così con voce profonda le disse: “ Sono il padrone di tutti i regni sconosciuti della terra e comando gli elfi, le streghe e gli spiriti. Ho diritto di decidere la vita e la morte di chiunque e sono di nobile stirpe, ma ho bisogno di tramandare il mio potere e la mia ricchezza e poiché non ho un erede ho deciso di sposarti e avere un figlio da te. La tua bellezza mi ha fatto dimenticare che non sei di sangue blu e crudele come me. Ma appena ti ho vista ho stabilito che saresti stata la mia sposa.” La fanciulla sgranò gli occhi inorridita. Pensò: “ Sposare un animale, che benché molto bello, rimaneva una bestia? Terribile!” Non le importava se aveva poteri soprannaturali, ricchezze infinite, ed era un re. Non le importava neanche se era un bellissimo animale. Lei era un essere umano nelle mani di un pazzo. L’Idago quasi leggendole nella mente aggiunse: “Non devi aver paura di me, non ti farò del male e come mia moglie, avrai tutto ciò che desideri. Sarai rispettata, ma ciò che pretendo da te è la tua fedeltà. I miei sudditi non mi amano e non sono miei amici. Quindi non avrai contatti né con gli elfi né con le streghe poiché essi non aspettano altro che ribellarsi e spodestarmi dal potere. Vogliono le mie ricchezze e la mia reggenza.” La fanciulla si guardò allora intorno. Preziose pelli di animali fissate alle pareti e pietre preziose, ma quel posto rimaneva sempre una caverna. L’Idago sorrise ed aggiunse: “ E non preoccuparti per questa caverna. Non vivrai qui… farò al più presto costruire un palazzo dove potrai abitare ed esserne la regina. Non ti mancherà nulla, te lo prometto. Ciò che solo desidero è che tu rimanga accanto a me per il resto della tua vita…Ti chiedo troppo?” La fanciulla non rispose ma chinò la testa in segno di assenso. Aveva accettato le condizioni dell’animale. D'altronde non aveva alternative ma un profondo senso di rabbia e ingiustizia le invasero l’anima. Era un ultimatum e lei, in fondo, non aveva scelta. Così dopo pochi giorni L’Idago sposò la fanciulla, e pochi mesi dopo, la portò a vivere in un immenso palazzo di marmo rosa e oro bianco, costruito dagli elfi e dalle streghe e nascosto dai boschi. Era inaccessibile a qualsiasi essere umano. Oramai sposa del mostro, la fanciulla però era circondata da agi e ricchezze infinite. Il suo sposo la colmava di premure, le faceva mille regali, era gentile e affettuoso. Abiti sfarzosi, cibi sopraffini. Nulla le era negato e l’Idago stesso le raccontava storie bellissime ed avventure. Ma, nonostante tutto, essa continuava a covare nel cuore rancore e rabbia. Non gli aveva perdonato di essere stata strappata con la forza dalla sua famiglia, dalla sua terra e soprattutto essere stata costretta a sposarlo. Così si rivolse di nascosto ai sovrani degli elfi e alla regina delle streghe per far imprigionare l’Idago, e in cambio, farla fuggire. Lei avrebbe ceduto tutte le ricchezze, il palazzo e i regni del marito. Così la sera del tradimento, la fanciulla fece bere all’Idago, mescolato nel vino, una pozione che le streghe le avevano dato per farlo dormire profondamente. Appena addormentato, decine di elfi e streghe lo portarono nella sua vecchia caverna e bloccarono l’ingresso con sbarre magiche fatte di odio e ira. L’animale era schiavo di sé stesso ed infatti quando si svegliò dal sonno profondo, impazzì di rabbia, e nel veder allontanare la sposa che tornava alla sua casa, le gridò come un forsennato: “ Io ti amavo e non ti ho mai fatto niente di male! Ti ho dato tutto ciò che avevo e mi hai tradito. Mi hai fatto imprigionare dai miei nemici! Ti avevo donato il mio cuore e mi hai pugnalato alle spalle.” La ragazza si tappò le orecchie alle urla del marito. Le era costato averlo consegnato nelle mani dei suoi nemici, lo aveva fatto soprattutto per orgoglio e per vendicarsi di essere stata costretta a sposarlo contro la sua volontà, ma ora vederlo prigioniero, e il suo palazzo invaso da elfi e streghe che festeggiavano la vittoria, iniziò a dolerle il cuore. Ad ogni passo, punte di pentimento e pena le pungevano il cuore. Si sentiva in colpa e giorni dopo, appena arrivata a casa, si era già pentita di ciò che aveva fatto. Ma ormai non c’era più nulla da fare, e la famiglia la riaccolse con gioia. La fanciulla riprese la sua solita vita, fatta di lavoro, fatica e miseria. Ma qualche settimana dopo si accorse di essere incinta. Erano tanti giorni che aveva nausea e le girava la testa. Un tempo sarebbe impazzita di orrore e paura nel dare alla luce chissà quale mostro, ora invece ne era contenta poiché in tutti quei mesi non aveva fatto altro che pensare all’Idago, alla sua gentilezza, alle sue premure e ai mesi che insieme avevano trascorso nel loro palazzo. Incredibile a dirsi, la ragazza si era innamorata del marito. Pochi mesi dopo, di nascosto a tutti i suoi familiari che non si erano accorti della gravidanza, in una vecchia capanna del bosco, la fanciulla diede alla luce da sola il figlio dell’Idago. Non era un animale, non aveva ali, né artigli, ma era un bambino come gli altri. Aveva solo gli occhi uguali al padre, chiari come il ghiaccio. Ma era un bambino bellissimo, più bello di qualsiasi neonato mai visto ed era l’erede legittimo dei regni del marito. Fu in quel minuto, nell’attimo esatto in cui lo prese fra le braccia che la ragazza decise di tornare dall’Idago, liberarlo e fargli vedere il figlio che aveva sempre desiderato. Tornò nella casa dei suoi genitori con il bambino, raccontò loro tutta la storia, quindi li abbracciò e li salutò per l’ultima volta. Aveva deciso di tornare indietro, chiedere perdono al marito per il suo tradimento e dare una famiglia al bambino. Quel bimbo così amato e così bello aveva diritto a stare anche con il padre, vivere nel suo palazzo ed avere una vita serena e felice. Così, lasciata la casa dei genitori, con il bambino fra le braccia, camminò vari giorni, dirigendosi verso la caverna dell’Idago. Ogni tanto si fermava, puliva il figlio e gli dava il latte. Lo baciava e coccolava, fiera di aver dato alla luce un bambino così bello e perfetto. Il cammino era lungo, e molte volte la ragazza dovette nascondersi perché aveva visto arrivare qualche strega o un elfo. Aveva paura che le impedissero di liberare il marito. Quando arrivò davanti l’ingresso della caverna, l’Idago la aspettava davanti alle sbarre poiché aveva fiutato già il suo arrivo. Era ritto, tetro e ombroso, lo guardo duro come il granito. La fanciulla nascondeva il bimbo alla vista del padre. Giunta davanti lui, con un nodo in gola, mormorò pentita, timide scuse: “ Perdonami- gli disse contrita- per tutto ciò che ho fatto. Ho voluto soddisfare la mia sete di vendetta, ma ho capito che stavo sbagliando subito dopo essere andata via…” L’Idago taceva. La ragazza gli si inginocchiò davanti, piangendo. “ Scusami-implorava- io ti amo…ora ti amo. Ho impiegato un po’ di tempo a capirlo, ma ti giuro che è vero!” Silenzio fra i due. Allora la fanciulla scostò la coperta nella quale teneva nascosto il neonato e aggiunse:” Questo è tuo figlio…quel figlio che hai sempre desiderato e che ti appartiene. Nella vene scorre il tuo nobile sangue ed è il tuo legittimo erede.” Il bimbo aprì gli occhi e si specchiò negli stessi occhi del padre. La rabbia e il rancore dell’Idago si sciolsero immediatamente alla vista del bimbo e lo riconobbe subito come suo. Aveva i suoi stessi occhi e il medesimo odore. Sorrise alla moglie e in quell’istante le sbarre di ira e rabbia che lo tenevano prigioniero caddero a terra. L’amore e il perdono avevano liberato l’Idago che abbracciò la sua famiglia. Mille spiegazioni, mille parole e marito moglie, per la prima volta, gioirono uniti nell’abbracciare il bambino. Il crudele cuore del re era stato conquistato dall’amore e dall’ indulgenza. Qualsiasi barriera al mondo può essere superata dal cuore. L’Idago nascosta la moglie e il figlio nella caverna, velocemente si diresse al suo palazzo e facilmente si liberò degli elfi e delle streghe. Poche battaglie e i suoi nemici erano in fuga e sconfitti. Pochi giorni dopo la fanciulla con il marito e il figlio, tornarono a vivere nel palazzo di marmo e oro bianco, e si amarono per il resto della vita. Nel cuore dell’Idago finalmente albergarono la pace e l’amore. La crudeltà e la morte erano state sconfitte, e la fanciulla fu felice di affidare la sua anima e la sua vita nelle mani del marito e anche di dargli un nome. Il nome dell’Idago fu Lyubov, che in russo significa amore. Il bambino, principe dei regni della magia, crebbe in grazia e bellezza. Guidato dall’amore della madre e dalla forza del padre, divenne un re giusto e stabilì patti di pace con gli elfi, le streghe e i fantasmi. Non usò la cattiveria e la crudeltà per comandare, ma la giustizia e la bontà.

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