lunedì 8 marzo 2021
L'IDAGO E IL PRINCIPE DELLE PALUDI
I regni delle paludi si estendevano immensi e smisurati, dal deserto di Ghiaccio alle Foreste di Cristallo. Acquitrini e melma verdastra erano costantemente avvolti da una nebbia calda e umida che rendeva difficile distinguere ogni cosa. Gli specchi d’acqua stagnante riflettevano, sulla nera superficie, nodosi alberi limacciosi e i raggi del sole avevano abbandonato l’idea di illuminare quei vasti territori. Solo la luna piena, spavalda e coraggiosa, donava un po’ di luce azzurrognola a quei regni impregnati di fanghiglia e silenzio. Nardis, feroce principe di quei luoghi, per più di un secolo aveva tentato di convincere l’Idago ad allearsi con lui per combattere le streghe e gli elfi. Avevano nemici comuni e perché allora, non unire le forze? Si chiedeva spesso Nardis. Così per l’ennesima volta aveva inviato un messo per incontrare l’Idago, magica creatura e imperatore dei regni sconosciuti del pianeta, in una zona neutrale. Pochi giorni a seguire, aveva rinnovato l’intenzione.
“Altezza-sussurrò un servo, inchinandosi davanti l’Idago e porgendo, su un vassoio d’oro cesellato, una lettera- è appena arrivato questo messaggio da parte del Principe Nardis. Il suo servo aspetta fuori le mura del palazzo, una risposta da parte di sua signoria.” Gli occhi celesti della magica creatura, brillarono, arguti. Sapeva perfettamente cosa bramava il Principe delle paludi. E gli smeraldi del nobile manto, luccicarono ancor più dello sguardo, mentre gli artigli reggevano delicati, la piuma con cui scriveva la risposta sulla pergamena che aveva subito richiuso. “ Se Nardis vuole incontrarmi che venga qui a palazzo.” Pensò l’Idago, volgendo lo sguardo sulla giovane moglie che, proprio in quell’istante, attraverso le vetrate di cristallo, passeggiava per le smisurate logge di marmo rosa che adornavano, principesche, i piani della regale dimora. Da pochi giorni si erano sposati e solo ora la fanciulla, ancora impaurita, aveva osato uscire dalle sue stanze. Dal giorno del matrimonio fino a quando avevano lasciato la caverna d’oro dove abitava prima, lo sposo non aveva potuto parlarle. L’Idago aveva rispettato la paura della moglie, e non le si era mai avvicinato. Avrebbe voluto conoscerla, chiederle i gusti e le preferenze, ma si era sempre tenuto a distanza, fidando sul fatto che poco alla volta, Aldruda, così si chiamava la giovine, si fosse abituata almeno alla sua presenza. Quella sera, per la prima volta, avevano diviso il pasto. Ai lati di una lunga tavolata in mogano, imbandita con prelibate pietanze, dove stoviglie d’oro e bicchieri di cristallo brillavano alla luce di monumentali candelabri d’argento, entrambi mangiavano silenziosamente, lei con il volto chino sul piatto e lui, che non la perdeva d’occhio neppure per un istante. In quel momento un servo portò la risposta del Principe delle paludi, tramite un nuovo messaggio. “Aldruda- sussurrò l’Idago, con una voce profonda e musicale- leggo ora che domani sarà nostro ospite il Principe Nardis, Signore delle paludi. Spero ti unirai a me, per accoglierlo.” La magica creatura aveva modulato la musica della sua voce, cercando un tono pacato, quasi dolce, proprio per non turbarla. La moglie sollevò lentamente il viso che, il fuoco scoppiettante del camino, illuminò finalmente. La pelle diafana era incorniciata da una chioma di seta dorata e gli occhi, verdi come la foresta, ombreggiavano timorosi, mentre ingoiava la risposta. Un breve cenno d’assenso comunicò all’Idago l’intenzione, mentre di nuovo, portando il cucchiaio alle labbra rosso rubino, fissava il piatto. Dopo il dolce, marito e moglie lasciavano la sfarzosa sala da pranzo e salendo una grande scalinata in marmo verde, accedevano al piano superiore, attraverso lunghi i corridoi decorati da arazzi e affreschi. Dopo un breve saluto impersonale, entrambi si ritiravano ognuno nelle proprie stanze. Negli appartamenti degli sposi, i camini scoppiettavano allegri, riscaldando i ricchi divani e le tende damascate che non lasciavano trasparire la notte stellata. Mentre Aldruda, pochi minuti dopo, sprofondava in un sonno senza sogni, a vari metri dalle sue stanze, l’Idago si rigirava fra le lenzuola di seta, non trovando pace. Lo sguardo correva dal letto a baldacchino, alle poltrone di velluto fino allo scrittoio in noce. In tre secoli, mai si era sentito così. Nonostante il suo potere e la sua forza, le smisurate ricchezze e il prestigio del suo casato, la giovane moglie lo temeva come una belva.” E c’è qualcosa in più- pensò improvvisamente saltando giù dal letto e avvicinandosi al camino-percepisco in lei, oltre la paura, anche una sorte di disprezzo…ma io non sono un animale. Discendo dalla più nobile stirpe dei regni sconosciuti e la morte e il ghiaccio mi hanno reso forte e potente. Ma lei mi vede semplicemente come un mostro.” Provando troppo caldo, l’Idago si allontanò di scatto dal fuoco. Le lunghe piume sfiorarono per un attimo, i tappeti persiani. Con passo regale, incedendo leggero, si avviò verso le tende che scostò. La gelida luna illuminò la splendida creatura, il rosso delle ali e il verde del manto. “Poche ore all’alba e Nardis sarà qui-rifletté tornando verso il letto- e l’unico pensiero che mi turba è mia moglie che dorme placidamente poco lontano da me.” Sdraiandosi di nuovo sotto la seta delle lenzuola, sperò che il sonno giungesse ma quella strana febbre che si era impossessata improvvisamente di lui, lo tormentava. Quella brace nel petto gli toglieva il respiro. Così, mezz’ora dopo, esasperato, correva libero nel buio del bosco, allontanandosi sempre più dal palazzo. Non era riuscito a dormire e la frustrazione lo aveva colto, prepotente. L’unico sfogo era l’inseguimento affannoso, attraverso gli alberi e i neri cespugli della foresta, di un po’ di pace. Quando i primi raggi del sole illuminarono le auree montagne che circondavano il palazzo, l’Idago fece il suo ingresso nella sala del trono, giusto in tempo per accomodarsi accanto alla moglie. Poco dopo, preceduto da servi che portavano in dono, forzieri ricolmi di gemme e oro, fece il suo ingresso il Principe Nardis. Lentamente, e regale, si diresse verso la strana coppia che lo osservava attenta. Lembi di pellicce diverse coprivano il capo, da cui, capelli come paglia, fuoriuscivano selvaggi. Il viso, splendido come una statua greca, salutava con un cenno, gli sposi, e il petto si ergeva, orgoglioso dove, la catena di ferro tintinnava contro il pendente di malachite, simbolo della reggenza. Il principe aveva sentito parlare della bellezza della moglie dell’Idago ma niente lo aveva preparato ad una simile visione. Il broccato rosa dell’abito lasciava intravedere un busto tornito e i diamanti blu che circondavano la bianca gola, sostenevano la smarrita bellezza di un viso d’angelo. “Tu sia il benvenuto- sussurrò l’ospite mentre osservava, teso, l’indugiare di Nardis, sulla gola palpitante di Aldruda. Trattenne il pensiero e il potere della sua mente per non renderlo cieco e pazzo. Ma cos’era mai quel nuovo sentimento, sconosciuto, che si stava facendo largo nel cuore? L’Idago bruciava di gelosia. “Come osa-pensò urlando dentro sé- guardare, con abbaglio, mia moglie? Odo il fremere del suo essere.” E benché sconvolto, si dominò e fece accomodare il Principe Nardis accanto a loro, determinato però a concludere al più presto quell’incontro. Quantunque li univano nemici comuni, che ognuno fosse libero di combattere come meglio desiderava. Non voleva alleati che bramassero, anche un solo sguardo, la bellezza di sua moglie. Seduto comodamente sulla poltrona di velluto, Nardis accavallò le gambe fasciata da pelli di alligatore. Le dita diafane, ingioiellate, tamburellavano sul bracciolo di tessuto rosso. Stava scegliendo le parole per persuadere il padrone di casa ad allearsi con lui anche se già percepiva un certo rifiuto.
Tentò comunque: “ Ti ringrazio per l’accoglienza e l’ospitalità.”
Lo sguardo dell’Idago scintillò mentre rispondeva: “ Prego. Io e mia moglie siamo lieti di accoglierti.”
“Sono tanti anni ormai-proseguì imperturbabile- che cerco la tua alleanza per fronteggiare i nemici comuni.”
Aldruda posò lo sguardo sul marito, distogliendolo dal Principe delle paludi. Era una conversazione fra capi di stato e lei si sentiva proprio fuori posto. Le sue umili origini continuavano a condizionarla.
Nardis proseguì forte delle sue ragioni:” Ho saputo che la regina delle streghe ha stipulato un’alleanza con gli spettri dei mari, per poterci spodestare. Ora la sua forza potrebbe essere aumentata, per tal motivo insisto per un accordo fra noi.”
Ciò che aveva appena raccontato il Signore delle paludi non intaccò minimamente la volontà di rifiutare, da parte dell’ospite, l’offerta ma proprio in quell’istante un servo, irruppe nella sala del trono richiamando l’attenzione: “Maestà, la Chimera insieme ad un esercito di elfi punta il palazzo. Sono vicini al confine ovest delle foreste.”L’Idago si alzò di scatto dal trono, avvicinandosi all’uscita della sala. “Scusate” mormorò contraendo la possente muscolatura. Ne approfittò subito il Principe, rinnovando il sodalizio e l’offerta di aiuto. “Non occorre-rispose l’Idago-difendo io le mie terre.” Allontanandosi velocemente dal palazzo, maledisse, librandosi in aria, il momento in cui aveva deciso di invitare alla reggia il Principe. Ma accettare ora il suo aiuto in guerra, significava stipulare un’alleanza che lui non voleva. Ma beffa del destino, per difendere il regno, aveva dovuto lasciare sola la moglie con Nardis. “La battaglia deve finire entro il tramonto!” Pensò spalancando le possenti ali e guadagnando più veloce l’orizzonte. In quel momento Aldruda, sentendosi responsabile, invitò Nardis a fermarsi per il desinare. Aveva percepito la riluttanza del marito nei riguardi del Principe ma il protocollo imponeva l’ospitalità. “Sono lieto di poter approfondire la vostra conoscenza-mormorò il Signore delle paludi rivolto alla padrona di casa, accarezzando con lo sguardo, l’oro della lunga chioma e accettando subito l’invito- ho sentito molto parlare di lei, maestà e quest’occasione mi riempie di letizia.”
La ragazza, agitandosi sul trono, si lisciava l’abito. Imbarazzata cercava una risposta neutrale, e non ancora esperta dell’etichetta, sorrise incautamente. L’ospite, sentendosi incoraggiato, intavolò allora una serie di discorsi che spaziavano dalla letteratura alla poesia, cercando di intrattenerla. Dava sfoggio delle sue conoscenze, non dimentico di esprimere, ogni qualvolta la sua opinione. Ma lei avvertiva dietro quell’oceanica erudizione, una grande durezza d’animo. “Consapevole del suo potere ma lontano dalla vera regalità. “ Questa era l’opinione che si era formata di lui. Inoltre il fascino del Principe sembrava una leva su coloro che gli si avvicinavano, soggiogati dallo sguardo e dai perfetti lineamenti, tranne per lei. Giunse finalmente l’ora del pranzo e Aldruda e Nardis si accomodarono proprio dove la sera prima, l’Idago si era intrattenuto con la moglie. Ma la differenza era il palese tentativo di far conversazione a tutti i costi da parte del Principe. L’imperatore invece era stato molto più discreto. Nel frattempo, la battaglia fra l’Idago e gli eserciti degli elfi, infuriava. Fuoco, armi e sangue macchiavano la verde valle dove i nemici erano giunti. La Chimera cercava di trovare debolezze nell’imperatore, cercando di attaccarlo da più fronti, ma la forza del reggente era smisurata e così, in poche ore, il nemico era stato messo in fuga e il mitologico animale vinto. Senza perdere tempo, l’Idago spiccò il volo, con la forza del vento e della tempesta, allontanandosi dal campo di battaglia e giunse al palazzo in tempo per trovarsi davanti una scena apocalittica. A quanto pare il pranzo era finito e l’impudente Principe si era alzato dalla poltrona, si era avvicinato a Aldruda e le teneva la mano. La moglie, in un palese imbarazzo, cercava di sottrarla in tutti i modi. L’arrivo dell’Idago, proprio come una folata di vento, pioggia e foglie, spalanca una finestra, raggelò l’ambiente. Aldruda e il Principe si alzarono contemporaneamente. L’animale si avvicinò a loro come un predatore mentre Nardis, lentamente si allontanava dalla ragazza.
“Altezza- mormorò senza perdere il controllo e sfoggiando una sicurezza che era ben lungi da provare-sono lieto che abbiate avuto la meglio sugli aggressori. Congratulazioni.”
L’Idago lo gelò con il ghiaccio degli occhi. “Grazie. Non c’è voluto molto.”
La moglie, sussurrando qualche parole di congedo, li lasciò soli. Era una fuga bella e buona.
Scese un silenzio glaciale che Nardis tentò di rompere.
“Così data la sua facile vittoria-continuò il Principe, cercando una scusa per allontanarsi prima possibile dal palazzo. Percepiva chiaramente il pericolo- l’offerta di un’alleanza penso sia superflua.”
Le parole caddero a vuoto. Come un serpente fissa la preda così faceva l’imperatore.
“Infatti- e sollevando il capo verde smeraldo aggiunse, trattenendo la tempesta che provava dentro- e se ora vuole scusarmi, vorrei ritirarmi. Ma prima la scorterò fuori le terre del palazzo.”
Parole simili a pietre.
Senza aspettare risposta, lo precedette fuori la sala da pranzo, guadagnando veloce l’atrio e il piazzale. Entrambi si muovevano spediti, e appena giunti al limite del bosco che circondava il versante nord dei giardini della reggia, l’Idago si bloccò di colpo e volgendo l’imponente corpo verso il Principe, lo congedò: “La invito a non avvicinarsi mai più al castello e soprattutto a mia moglie- minacciò furente- se mi accorgerò che anche un solo pensiero molesto verso Aldruda vi attraverserà la mente, nessun luogo, nei mondi sconosciuti, sarà un nascondiglio sicuro.” Continuò pietrificando anche l’aria intorno a loro: “Inoltre, prosciugherò le paludi delle sue terre, raderò al suolo i palazzi e i villaggi. Nessun essere vivente che le appartiene respirerà più a causa sua e tramuterò i fluidi del suo corpo in polvere del deserto. Ogni lembo della sua pelle sarà straziato e bruciato. La morte giungerà come una liberazione.” Senza dir altro, lasciando aleggiare nell’aria ancora questa terribile minaccia, l’imperatore puntò il nero del cielo e improvvisamente il Principe delle paludi si ritrovò solo, mentre la foresta intorno a lui, lo scrutava, minacciosa, obbediente a suo Signore.
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