sabato 4 luglio 2015
IL PRINCIPE PECORA
IL PRINCIPE PECORA
C’era una volta un bellissimo regno dove abbondanza e serenità albergavano in tutte le case. Il clima era clemente, la terra ricca e gli animali si riproducevano con incredibile velocità rendendo i proprietari agiati e felici. Il re e la regina di quel felice regno erano buoni e saggi e avevano una bellissima figlia. La principessa si chiamava Azzurra poiché da quando era nata, ogni loro giorno era come un cielo splendente. Poco distante dal castello dove abitavano i sovrani, vi era una prospera fattoria il cui proprietario allevava un grande gregge che gli forniva latte e lana in abbondanza. Ma di tante centinaia di pecore che possedeva, una in particolare gli era molto cara… quella pecora in realtà era uno strano animale. La lana che gli ricopriva il corpo era bianca come la neve, e gli occhi erano blu come il mare e sembrava che parlassero. La pecora, con grande sorpresa di tutti, proprietario e famiglia, si lavava ogni giorno, leccandosi con la ruvida lingua i morbido vello. Quando pascolava, si sfregava contro i fiori per profumare e la sera, quando rientrava all’ovile, salutava il proprietario con cenni del capo. Spesso, con gli zoccoli pulitissimi, si divertiva a disegnare sulla terra, immagini di fiori, monti e animali. Il proprietario gli parlava come se fosse un cane, e la pecora lo seguiva nelle passeggiate che ogni tanto faceva, per controllare lo steccato che divideva la sua terra da quella del castello. Padrone ed animale erano diventati dei buoni amici.
Durante una di quelle famose passeggiate, il proprietario e la pecora incontrarono la principessa Azzurra. Insieme alle dame di compagnia stava facendo anche lei una passeggiata e quando si accorse del fattore, poiché lo conosceva da anni, si avvicinò allo steccato per salutarlo cordialmente.
Mentre la principessa parlava e rideva con il suo vicino, la pecora la fissava con gli occhi fuori dalle orbite e un sorriso ebete…da pecora! Il proprietario si accorse dell’espressione del suo animale e gli diede una benevola pacca sulla testa:” Ehi, Osvaldo, che ti prende? Non hai mai visto una fanciulla?”
Osvaldo, la pecora, di fanciulle ne aveva viste tante, ma nessuna ragazza gli aveva mai fatto battere il cuore come la principessa. Sudava caldo e freddo, le gambe gli tremavano, e gli girava la testa.
Anche la principessa si accorse del suo strano comportamento: “ Caro fattore-gli disse benevola-sembra che il suo animale mi fissi imbambolato. E’ come se capisse di cosa parliamo e seguisse la conversazione. E poi mi guarda in una maniera così strana. Sembra molto intelligente…quasi come un cane.”
Il fattore replicò:” Mia cara principessa…questa pecora è davvero strana! E si comporta esattamente come un cane…” E le raccontò tutto quello che l’eccentrico animale faceva. Compreso che era in grado di disegnare, facoltà che nemmeno i cani possedevano.
“Davvero?-esclamò Azzurra strabiliata-potremmo provare ad insegnargli l’alfabeto…magari è una pecora evoluta, più intelligente delle altre. Se capiamo come ragiona, se riuscissimo a comunicare con lui, potremmo aprire una porta per capire meglio il regno animale. Come si chiama la pecora?”
“Osvaldo” rispose prontamente il fattore che, in realtà, era un po’ perplesso. Le parole della principessa lo avevano lasciato interdetto. Mentre la principessa parlava, il fattore si chiedeva perché si doveva istruire un animale. In fondo Osvaldo gli serviva per la lana e la riproduzione e non vedeva vantaggi se imparava l’alfabeto. Ma se quello era il desiderio della figlia del re, non gli rimaneva altro che acconsentire alla strana richiesta. Prima di separarsi dalla pecora, il fattore disse ad Azzurra:” Mi raccomando altezza. Sono affezionato a questa pecora…trattatela bene, poiché lo considero un membro della famiglia.” A queste parole Osvaldo, lasciando tutti strabiliati, leccò la mano del fattore e gli strofinò la testa sul fianco, a mo’ di saluto.
Così la principessa portò la pecora al castello, e dopo aver spiegato la situazione ai genitori, chiamò il suo vecchio maestro perché desse lezioni al suo strano ospite.
Il re e la regina erano rimasti a bocca aperta, ma ancor più lo era il professore che insisteva con Azzurra. Il vecchio docente affermava che era impossibile istruire una pecora. Come faceva un animale a capire il linguaggio umano? A riconoscere i segni che formavano le lettere? Come avrebbe imparato a leggere? Osvaldo non sapeva parlare!
Ma il vecchio maestro, resosi comunque disponibile per le insistenze della sua nobile alunna, iniziò ad istruire la pecora. E fu allora che una tegola gli cadde in testa! Anzi un tetto intero!
Osvaldo la pecora, in poco tempo fu in grado di scrivere le lettere, di riconoscere le immagini e i loro significati, ed imparò a contare. Riusciva senza sforzo ad eseguire calcoli complicati e ben presto imparò a leggere… e assunse anche atteggiamenti ancora più umani. Bussava alle porta, mangiava nei piatti, dormiva su un letto. Amava fare il bagno con il sapone, adorava i libri e dipingeva intingendo la punta degli zoccoli nei colori, realizzando dei bellissimi quadri.
Seguiva Azzurra tutto il giorno come un cagnolino, dimostrando per la principessa un grande trasporto. Voleva sempre starle vicino, voleva essere carezzato, e le dedicava delle bellissime poesie. Comunicava con grande facilità, dimostrando una grande intelligenza, saggezza e buonsenso. Così tanto che spesso il re lo metteva al corrente di qualche affare o problema, e Osvaldo prontamente lo consigliava risolvendo la situazione. Azzurra amava la compagnia della strana pecora, e insieme passeggiavano, leggevano, ascoltavano la musica, giocavano a scacchi o a carte. Le dame di compagnia avevano imparato a rispettare la scelta della principessa e la notizia che la dama preferita della figlia del re era in realtà una pecora si diffuse in tutto il regno. Però tutti sapevano che Osvaldo era intelligente come un uomo, gentile e sensibile e i sudditi lo tenevano in grande considerazione. Dopo un anno, il fattore si presentò al castello per riavere la sua pecora, ma Azzurra lo supplicò di lasciare Osvaldo presso la corte, poiché le si era affezionata come se fosse la sua migliore amica. Così il fattore ritornò solo alla fattoria, contento però che il suo animale fosse trattato così bene.
Il tempo passava e il re e la regina si accorsero del legame profondo che si era creato fra la figlia e la pecora. Ma rimasero a bocca aperta quando la principessa chiese loro il consenso per sposare Osvaldo.
La regina quasi svenne e il re iniziò ad annaspare non trovando le parole. Poi iniziò ad urlare frasi sconnesse. Sembrava fuori di testa!
Ma la principessa, calma e serafica replicò: “ Cari genitori, Osvaldo è buono, intelligente ed istruito. E’ il più saggio dei vostri consiglieri e il più sensibile essere vivente che possa esistere. Non è colpa sua se è nato pecora e non uomo, ma io lo amo ugualmente. Mi capisce, mi comprende e anche se comunica con me tramite i suoi messaggi, gli parlo come se fosse un essere umano. E anche lui mi ha detto che mi ama, così chiedo la vostra benedizione per questa unione. Voi dovreste volere la mia felicità, così posso sinceramente affermare che solo con Osvaldo sarò felice e che se acconsentite a questo matrimonio, sarò la ragazza più contenta della terra.”
Così il re e la regina, dopo qualche giorno, acconsentirono all’unione di quella strana coppia e al matrimonio, Osvaldo il principe, volle invitare il fattore e tutta la sua famiglia. Dopo qualche anno, Osvaldo fu nominato re e il suo regno fu illuminato e grandioso. Azzurra lo amò con tutto il cuore e per tutta la vita, trovando nelle migliaia e migliaia di messaggi che la strana pecora le scriveva, la ricetta della vera felicità.
martedì 23 giugno 2015
I CAPELLI PIÙ BELLI
I CAPELLI PIÙ BELLI
Il sole era sempre stato molto fiero e orgoglioso della sua chioma luminosa! Un fuoco d’oro che luccicava nelle tenebre dello spazio e che tutti i pianeti ammiravano e invidiavano. Fluidi e lucenti, i biondi capelli del sole erano l’eterno l’argomento di conversazione e la terra, triste e depressa, veniva messa da parte…..tutta blu e bagnata. Peggio la luna, calva come una palla da biliardo. Giove si era fatto fare una sorte di cappello per nascondere le calvizie, e scrutava guardingo i suoi colleghi…e il sole rideva di tutti.
Un giorno, non potendone più, la terra le sbottò esasperata:” Insomma… da milioni di anni che ripeti che i tuoi capelli sono i più belli…che nessun pianeta ha una chioma più fantastica e originale della tua. Ma per una volta non potresti cambiare argomento?”
Il sole, buttando indietro, in uno sprazzo di fuoco sfavillante la sua bellissima chioma, rispose: “ L’invidia fa rodere, vero? Pianetucolo che perde acqua come un rubinetto rotto!”
La terra strinse le labbra e sbuffò esasperato: “Se mi hanno messo tanta acqua sulla mia testa, un motivo ci sarà, sbruffone!”
E il sole:” Certo che c’è il motivo! Per rinfrescarti il cervello che non hai!”
E giù a sghignazzare, imitato dagli altri pianeti…era più facile schierarsi dalla parte del più forte che del più debole.
La terra, umiliata sfidò il sole dicendo: “ Ti sfido! Se sarai capace di spegnere solo per un giorno i tuoi capelli ed essere come noi, avrai vinto. Devi rinunciare per un giorno alla tua bellezza…se non ne sarai capace, io avrò il diritto di avvicinarmi a te un po’ di più, durante una parte dell’anno, e riscaldarmi i piedi che ho sempre freddi.”
“Accetto!!!” Esclamò il sole davanti a tutti i pianeti. Era sicuro di vincere!!! Facile spegnere il sole e subito tentò di smorzare la sua chioma ma per quanti tentativi facesse, non c’era modo di renderla buia. Appena la chioma lucente stava per estinguersi, dal cuore del pianeta, qualcosa si muoveva e i capelli tornavano a splendere, più belli e lucenti di prima. Alla fine il sole si arrese e concesse alla terra, felice della sua vittoria, di avvicinarsi alla sua chioma per un certo periodo dell’anno.
La terra, iniziò a riscaldarsi i piedi, e li mise fuori dalle acque fredde. Stranamente sui piedi della terra iniziarono a crescere tanti peli verdi…e più passava il tempo, più i peli diventavano lunghi, forti, piumosi. Alcune volte cambiavano colore…diventavano rossi e gialli. A volte si coprivano di fiori…il sole e tutti i pianeti, a bocca aperta, guardavano la terra, con sorpresa e ammirazione. Non era più una palla blu, ma un bellissimo pianeta coperto da tanto verde, lucente giada viva che cresceva e si moltiplicava.
martedì 16 giugno 2015
FIABA: LA COCCINELLA E IL PAVONE ROSSO
LA COCCINELLA E IL PAVONE ROSSO
Tanto tempo fa, quando furono distribuiti bellezza e colori, il pavone fu uno degli animali più fortunati. Magnifiche piume dai mille colori, disegni fantastici, luce e splendore adornarono l’abito del bellissimo uccello.
Così, reso superbo dai mille complimenti che tutti gli animali gli facevano, il pavone camminava a testa alta, leggiadro ma altezzoso, parlando con gli animali più importanti e snobbando quelli piccoli e modesti.
Tutto il giorno si lisciava le penne, faceva la ruota con la coda e giocava con i raggi del sole sulle bellissime piume cangianti. Vi erano pavoni azzurri, verdi ma il più bello di tutti era quello rosso. Una fiamma infuocata sembrava camminare sull’erba e da centinaia di metri si potevano ammirare le sue piume roventi. Il pavone rosso batteva tutti anche in superbia e boria.
Un giorno, mentre vicino ad un laghetto stava beandosi della sua immagine, si accorse che una grigia ed insignificante coccinella si stava lavando le zampette sporche di fango.
“Allontanati da me, banale insetto, pulendoti mi sporchi l’acqua.”
La coccinella, perplessa, si fermò un attimo, poi replicò. “ Scusami, ora mi sposto subito. L’acqua per essere bevuta deve essere pulita.”
Ma il pavone rosso arrogante: “Ma io non devo bere ma specchiarmi….e tu infanghi l’acqua, mentre ti pulisci le zampacce che hai.”
La coccinella si fece piccola piccola. Alcuni animali si avvicinarono sentendo il tono della voce del pavone e incuriositi dal fatto che si degnasse di parlare con un insetto così minuscolo e modesto. Poi la coccinella ribadì : “ Ma le mie non sono zampacce!”
Il pavone iniziò a sghignazzare: “ Tu sei davvero orribile! Non hai colori…né disegni…e sei anonima. Nessuno si accorge di te e nessun uomo ti cerca ma tutti ammirano e cercano me…e a proposito…hai proprio delle zampacce!”
La coccinella ci rimase male, umiliata davanti a tutti, e senza motivo. Il pavone rosso era davvero cattivo. Così gli propose: “ Allora facciamo una scommessa…scommettiamo che in un mese tutti uomini ci cercheranno e mostreranno simpatia per noi, senza bellezza e colori e se così sarà tu ci donerai i tuoi colori rossi e i tuoi disegni rotondi. Se non riusciremo nell’impresa, diverremo schiave della tua specie fino alla fine del tempo.”
Il pavone rosso accettò, così disteso sotto un bellissimo albero vide la coccinella allontanarsi, certo della sua vittoria. Ma aveva sottovalutato la furbizia della sua rivale la quale subito chiamò a raccolta tutte le sue amiche e colleghe, organizzandosi in una lunghissima fila. Le file poi iniziarono a collegare le case degli uomini con i tanti tesori nascosti che pirati e banditi avevano nascosto nel corso del tempo. Ogni cinque minuti scoppiavano urla festose di persone che seguendo la strana fila di insetti, trovavano scrigni, miniere d’oro, forzieri di pietre preziose. In pochi giorni la fama che le coccinelle portassero fortuna e facessero trovare la ricchezza si sparse ovunque e il pavone rosso perse la scommessa. Così da quel famoso giorno alcuni pavoni sono diventati bianchi e le coccinelle sono diventate rosse con tanti pallini neri.
LADYBIRD AND THE PEACOCK RED
LADYBIRD AND THE PEACOCK RED
Long ago, when they were distributed beauty and colors, the peacock was one of the luckiest. Magnificent feathers of many colors, fantastic designs, light and splendor adorned the dress of the beautiful bird .
So , it made superb thousand compliments all the animals were , the peacock walked with his head high , but pretty arrogant , talking with the most important animals and snubbing those small and inconspicuous .
All day she smoothed the feathers , was the wheel of the corner and played with the sun's rays on the beautiful iridescent feathers . There were peacocks blue , green but the most beautiful of all was the red one . A burning flame seemed to walk on the grass and hundreds of meters you could see his feathers hot . The red peacock beating all in pride and arrogance .
One day , while near a pond was relishing his image , he saw that a gray and insignificant ladybug was washing his paws muddy .
" Get away from me , trivial bug, while you wipe me dirty water . "
The ladybug , puzzled , stopped for a moment , then replied . " Excuse me , now I move immediately . The water for drinking must be clean . "
But the red peacock arrogant : " But I must not drink but specious ... .and you muddy the water , while you wipe the paws that you have. "
Ladybird cringed small . Some animals came hearing the tone of voice of the peacock and intrigued by the fact that he deigned to speak with an insect so small and modest . Then the ladybug insisted : " But mine are not paws… Or at least not bad !”
Peacock beginning to sneer : " You are really horrible ! You have no color or designs ... ... and you're anonymous . Nobody notices you and no man will look but all admire and try me ... and by the way ... you own the bad paws ! "
The ladybug was disappointed , humiliated in front of everyone , and without reason . The red peacock was really bad . So he proposed : " Then we make a bet ... we bet that in a month all men will try and show sympathy for us , no beauty and colors and so will you if you donate your reds and your designs roun. If not we will succeed , we will become slaves of your kind until the end of time . "
The red peacock accepted , so lying under a beautiful tree saw the ladybug get away , sure of his victory . But he underestimated the cunning of his rival who immediately summoned all her friends and colleagues , organizing themselves in a long line. The file then began to connect the homes of men with many hidden treasures that pirates and bandits had hidden over time . Every five minutes festive bursting screams of people who follow the odd row of insects , were chests , gold mines , chests of precious stones . In a few days the fame that ladybugs bring luck and did find wealth is scattered everywhere and the red peacock lost the bet . So from that famous day peacocks turned white and the ladybugs have become red with many dots blacks .
sabato 13 giugno 2015
THE FEET IN THE SWAMP
THE FEET IN THE SWAMP
A long time ago there was a kingdom very poor. The sovereigns had squandered every good state and had also drained the savings of citizens, imposing taxes of all kinds fees. And all the inhabitants had fallen into misery and despair. There was more food and houses, little by little, they were destroying. The animals were served to feed the population, but now there was nothing left. The pots were empty ... the pots were empty…
... and all the people were no longer even have the strength to work. It also seemed that the sun and the sky were darkened by the desolation and poverty.
So all citizens decided to exile the rulers responsible for the famine and despair in that realm. Just rulers left, heads of families that had once been rich, wanted to come to power to govern, because in their hunger for power was equal to the hunger for food. But the situation was so bad that for once, the citizens' assembly decided to put under the command of that kingdom a wise old man, who for years lived alone in a cave. It was the only one who was not a candidate for the command. The only one who had not shown up for election ... the only one who did not want the power. In a flash of reason, people realized that the old hermit was the only one who could save the kingdom from total destruction. So the old hermit was appointed king. The crown he wore was of brass, since their former ruler had sold the gold to buy the beautiful white horses.
The next day, at dawn, the old hermit came out of the castle fell into ruin, and the hoe in the neck, came in closer and began to dig. The councilors and dignitaries just saw him, they laid hands on his head! The king that hoe the ground!
Incredible!
Unheard of!
Shameful!
The wise old man, stopping for a moment to dig, said, "Instead of standing there with our hands, why not help me to plow this field? Winter is near, and before the rains, we have to plant the wheat ... if we do not all play our part, we will all die of hunger. "
So advisers, dignitaries, nobles and politicians, all with hoes in hand, began to prepare fields for planting. The king, old and tired, drove in all that hard work, and even though these people had never dug in their life, followed the example of the sovereign. If he hoed, the other had to do it.
After planting, the old hermit went to the river and began to fish ... so even the nobles and dignitaries. Citizens, mouth open, they saw members of the former wealthy families of the kingdom, fish, clean and dry the fish. They then asked the king explanation ... and the hermit replied: "If we all do our part, we will all die of hunger."
So also they helped citizens in fishing, and they were to bring the fish in the neighboring kingdom in order to sell.
With the money raised, the king bought so much cotton and gave it to all the families of the kingdom so that they spun and thus all citizens, and not noble, began work. The children of each family, seeing his father and mother were spinning cotton, which makes colorful cloths, asked them why ... and every parent said to his son: "If we all do our part, we will all die of hunger"
So each guy helped make clothes of all kinds, decorating them with the magnificent imagination of youth. The clothes were sold, and little by little, the kingdom went out by poverty and hunger. All worked ... all contributed to the welfare of all ... hotels, renewed, again hosted tourists ... shops again began to sell and the money circulated freely. Every person of that kingdom was devoted to the old hermit, and everybody loved and respected. In his life as a king he did not want money for himself but for the welfare of the population of the kingdom that he had to save.
A few years later, the old hermit approached the end, but the wise King was not afraid. Death was not a demon but a merciful angel. All citizens watched over his last hours, in and out of the castle. The last words of the king were to the population ... she urged them to learn from what they had faced. His last words were: "Hunger and poverty are the result of the greed of man. The thirst for money and power is a deep swamp ... and it's easy to walk into ... out it is impossible. "
I PIEDI NELLA PALUDE
I PIEDI NELLA PALUDE
Tanto tempo fa esisteva un regno molto povero. I sovrani avevano sperperato ogni bene dello stato e avevano prosciugato anche i risparmi dei cittadini, imponendo tasse di ogni tipo tasse. E tutti gli abitanti erano caduti nella miseria e nella disperazione. Non c’era più cibo e le case, poco alla volta, si stavano distruggendo. Gli animali erano serviti a sfamare la popolazione ma ora non c’era rimasto più nulla. Le pentole erano vuote….i focolari spenti…e tutte le persone non avevano più nemmeno la forza di lavorare. Sembrava anche che il sole e il cielo fossero offuscati dalla desolazione e dalla povertà.
Così tutti i cittadini decisero di mandare in esilio i sovrani responsabili della carestia e lo sconforto in quel regno. Appena i sovrani partirono, i capi delle famiglie che un tempo erano state ricche, volevano andare al potere per governare, poiché in loro la fame di potere era uguale alla fame di cibo. Ma la situazione era così grave che per una volta, l’assemblea dei cittadini decise di mettere al comando di quel regno un vecchio saggio, che da anni viveva solo, in una caverna. Era stato l’unico che non si era candidato per il comando. L’unico che non si era presentato per essere eletto…l’unico che non voleva il potere. In un sprazzo di raziocinio, i cittadini capirono che quel vecchio eremita era il solo che poteva salvare il regno dalla distruzione totale. Così il vecchio eremita fu nominato re. La corona che portava era di ottone, poiché il precedente sovrano aveva venduto quella d’oro per comprarsi degli splendidi cavalli bianchi.
L’indomani, all’alba, il vecchio eremita uscì dal castello andato in rovina, e con la zappa al collo, si recò nel campo più vicino e iniziò a zappare. I consiglieri e i dignitari appena lo videro, si misero le mani in testa! Il re che zappa la terra!
Incredibile!
Inaudito!
Vergognoso!
Il vecchio saggio, interrompendo per un attimo di zappare, disse loro: “ Invece di star lì, con le mani in mano, perché non mi aiutate a dissodare questo campo? L’inverno è vicino, e prima delle piogge, dobbiamo piantare il grano…se non facciamo tutti la nostra parte, moriremo tutti di fame.”
Così consiglieri, dignitari, nobili e politici, tutti con le zappe in mano, iniziarono a preparare i campi per la semina. Il re, vecchio e stanco, guidava tutti in quel pesante lavoro, e anche se queste persone non avevano mai zappato in vita loro, seguirono l’esempio del sovrano. Se lui zappava, anche gli altri dovevano farlo.
Dopo la semina, il vecchio eremita si recò al fiume e iniziò a pescare…così anche i nobili e i dignitari. I cittadini, a bocca aperta, videro i membri delle ex famiglie ricche del regno, pescare, pulire ed essiccare il pesce. Chiesero allora al re la spiegazione…e l’eremita rispose:” Se non facciamo tutti la nostra parte, moriremo tutti di fame.”
Così anche i cittadini aiutarono nella pesca, e furono loro a portare il pesce nel regno vicino per poterlo vendere.
Con il denaro ricavato, il re comprò tanto cotone e lo consegnò a tutte le famiglie del regno affinché lo filassero e così tutti i cittadini, nobili e non, iniziarono il lavoro. I figli di ogni famiglia, vedendo il padre e la madre che filavano il cotone, facendone stoffe colorate, chiesero loro il motivo….e ogni genitore disse al figlio:” Se non facciamo tutti la nostra parte, moriremo tutti di fame:”
Così ogni ragazzo aiutò a confezionare abiti di tutti i tipi, decorandoli con la magnifica fantasia della gioventù. Gli abiti furono venduti, e poco alla volta, il regno uscì fuori dalla miseria e dalla fame. Tutti lavoravano…tutti contribuivano al benessere di tutti…gli alberghi, rinnovati, ospitarono di nuovo i turisti…i negozi ricominciarono a vendere e il denaro circolava liberamente. Ogni persona di quel regno era devoto al vecchio eremita, e tutti lo amavano e rispettavano. Nella sua vita da re non aveva voluto denaro per sé ma il benessere per la popolazione del regno che aveva dovuto salvare.
Qualche anno dopo, per il vecchio eremita si avvicinò la fine, ma il saggio re non aveva paura. La morte non era un demone ma un angelo misericordioso. Tutti i cittadini vegliarono le sue ultime ore, dentro e fuori il castello. Le ultime parole del re furono per la popolazione…raccomandò loro di imparare da ciò che avevano dovuto affrontare. Le sue ultime parole furono: “ La fame e la miseria sono frutto dell’ingordigia dell’uomo. La sete di denaro e di potere è una palude profonda …ed è facile camminarci dentro….uscirne è impossibile.”
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