Thursday, April 1, 2021
Friday, March 26, 2021
Wednesday, March 24, 2021
L'IDAGO INCONTRA ALDRUDA
Nella gelida Normandia, secoli fa, il paese di Rouen era scosso da numerose invasioni dei vichinghi. Ma fra loro, un coraggioso guerriero, stanco di guerre e conquiste conobbe, in quella cittadina, una splendida fanciulla e finì per stabilirsi con lei, fuori le mura del paese. La vita da contadino era ben impegnativa, dovendo lavorare la terra tutto l’anno, e affrontando le neve e gli animali feroci. Ma Bjorn e la sua giovane sposa furono fortunati perché allietati da numerosa prole e il raccolto fu sempre ricco. In più, l’ultima nascita si rivelò spettacolare… Nessuno aveva mai visto una bambina più bella. Dal padre aveva ereditato i lunghi capelli biondi e dalla madre lo sguardo di cielo. Fu chiamata Aldruda e crebbe forte e libera nei vasti prati di quella terra nordica. In una famiglia di contadini si lavora sempre e durante i lunghi inverni, quando la neve sembrava non smettere mai di cadere, ci si occupava del bestiame. Ma i ragazzi più grandi dovevano anche imparare i numeri e l’alfabeto, e Aldruda dotata di vivace intelligenza, sbirciava gli studi dei fratelli maggiori e riusciva ad imparare qualcosa. Erano ormai passate diciotto primavere dalla sua nascita e il padre Bjorn era molto contrariato poiché la figlia aveva rifiutato molti giovani e ricchi pretendenti, figli dei proprietari delle terre vicine. Ma quella sera, rientrando dai campi, aveva deciso. “Figlia-la chiamò, posando il mantello e avvicinandosi al fuoco del camino- devo informarti che ho accettato la proposta di matrimonio del figlio del mio caro amico George. Voi due convolerete a nozze domenica prossima.” La madre e Aldruda rimasero con le ciotole di legno sospese a mezz’aria davanti al grande tavolo di noce che stavano apparecchiando. I fratelli, discreti, si ritirarono al piano di sopra, ben conoscendo l’avversione della sorella per le unioni combinate. Nella grande stanza era sceso un silenzio assordante interrotto dallo scoppiettare del fuoco. Bjorn si levò le scarpe, carezzò i cani e si sedette della grande seggiola di legno. “Non dici nulla?” Chiese, non senza disagio. Sapeva che la figlia non voleva sposarsi ma lui voleva affidarla a qualcuno che le avrebbe assicurato cibo e protezione. Aveva aspettato anni, lasciandola maturare ma alla sua età tutte le ragazze erano già sposate e madri. La moglie non osò protestare ma la figlia disapprovò la decisione: “Padre…non amo quell’uomo e voi sapete che non mi sento pronta.” Un ringhio trattenuto precedette la replica: “Sì che sei pronta. E comunque ormai ho deciso. Hai tre giorni per abituarti all’idea-poi rivolgendosi alla moglie- Ho fame, servimi la cena.” Lo sguardo di Bjorn non ammetteva ulteriori discussioni e mentre la moglie Lilian, come un automa, scodellava la minestra, gli altri fratelli, scendendo le scale silenziosamente, presero posto a sedere ai lati della tavolata. Dopo l’orazione, tutti iniziarono a mangiare tranne Aldruda che, pallida e mesta, rimaneva assorta, non toccando cibo. Quella notte la ragazza non prese sonno, rigirandosi ininterrottamente fra le coperte di lana grezza, e l’indomani, all’alba, recandosi nei campi, era già stanca. L’ingiustizia le bruciava nel petto, mescolandosi alla paura del matrimonio e al rancore di essere stata trattata come un oggetto. E mentre falciava il fieno, pian piano, nella sua mente si stava faceva largo un’idea che, ad ora di pranzo, si era trasformata in una decisione presa.
Al tramonto sarebbe fuggita via. Complice il buio, né suo padre né i suoi fratelli l’avrebbero più trovata. Molto meglio vivere nei boschi, come una vagabonda che diventare per forza moglie e madre. Finalmente un sorriso di sollievo le rischiarò il viso, senza sapere che qualcosa di straordinario era accaduto proprio in quel momento. Poche volte, dall’inizio dei secoli, la porta fra il pianeta terra e i regni magici sconosciuti si era aperta. Ma in quell’ attimo, l’Imperatore Idago aveva varcato l’ingresso del nostro tempo e della nostra realtà, ed era entrato. Per anni aveva cercato nel suo impero, una sposa degna del suo rango, ma ora aveva deciso di scendere nel pianeta inferiore, la terra. Fra gli esseri umani, magari qualche fanciulla poteva attirare la sua attenzione. Era una scelta di ripiego ma l’Imperatore era deciso, al più presto, a prendere moglie. Proprio nel momento in cui aveva varcato la soglia, trovandosi nella nostra rarefatta dimensione, aveva incontrato la fanciulla. Aldruda sorrideva per la decisione presa di fuggir via. L’Idago, alle sue spalle, era rimasto letteralmente abbagliato dai capelli, un manto d’oro che luccicava al sole. Non aveva mai visto niente di più bello. Silenziosamente e mimetizzandosi fra gli arbusti e il verde delle foglie, voleva scorgere il viso della ragazza. Impietrito, si era totalmente perso. Galvanizzato dalla pelle liscia come una distesa di candore, levigata e perfetta simile alle statue greche, quell’essere inferiore aveva la volta celeste nello sguardo. La stirpe regale, le immense ricchezze e i potenti poteri magici furono dimenticati all’istante dall’Imperatore, bruciati dall’attrazione feroce verso quell’umana plebea e priva di doni incantati. L’Idago ardente e sconvolto dall’effetto che gli provocava la ragazza, decise all’istante. Avrebbe portato quella giovinetta nei regni magici sconosciuti e ne avrebbe fatto la sua sposa. (Racconto e immagine di Lucina Cuccio)
Friday, March 19, 2021
L'IDAGO E LE MEMORIE DEL TEMPO
Gli spettri e i fantasmi della terra avevano da sempre, un loro rifugio personale dove si nascondevano quando l’Idago, Imperatore dei Regni Magici o Fresabonda, Regina delle Streghe, dava loro la caccia. Intricata e spettrale, la Foresta del Tempo imprigionava ogni essere vivente che osasse varcarla. Spettrali alberi di ferro crescevano formando gallerie infinite e sopra di essi, rami senza foglie che come mani silenziose, risucchiavano via le memorie dei malcapitati che si perdevano in quell’oscuro luogo. Solo i fantasmi, immuni al tempo, non perdevano i ricordi e quando si rintanavano in quella selva intricata, ascoltavano per giorni, le memorie che il tempo aveva rubato. I giorni felici, le avventure, le vittorie, gli amici, le esperienze, tutto veniva cancellato nella mente. Perfino l’Idago e Fresabonda non vi si avventuravano mai, sapendo la ben triste sorte di vivere senza ricordi. Il tempo aveva delegato la reggenza della foresta ad un diabolico essere infernale, Armisia, che senza sosta si aggirava per i corridoi di ferro, godendo dei lamenti di coloro che senza memoria, impazzivano. Ricoperta da capo a piedi con un fitto mantello di ragnatele, l’orrendo mostro avanzava lento fra i resti e le ossa dei miseri, mostrando solo le mani ossute e grinzose mentre gli occhi, rossi come tizzoni ardenti, si soffermavano curiosi, sulle prossime vittime. Ai suoi piedi, gli sventurati, vinti dalla sete, dalla fame e dalla disperazione, si accasciavano abbandonandosi contro i tronchi ferruginosi degli alberi. La loro morte sopraggiungeva, accompagnata sempre dalla stridula e infantile vocetta di Armisia che si divertiva a tormentarli fino alla fine. “Ti senti male?” Chiedeva come il trillo di un campanellino allo sventurato. “Come mai ti trovi qui?” Insisteva perfida, e ad un gemito dell’infelice che mormorava di non ricordare niente, si accompagnava, crudele, il ghigno di Armisia “Ma non rammenti nemmeno il tuo nome?” E giù, sghignazzi disumani che rimbombavano per i lugubri corridoi di piante. Così dall’inizio dei secoli, la foresta custodiva i ricordi, segreti importanti, che echeggiavano per l’eternità in quella terra buia e funesta. Il tempo era stato categorico con Armisia…Di tutte le memorie, le gioie erano le più preziose e dovevano essere le prime ad essere depredate. Nulla è più inestimabile della reminiscenza della felicità di aver abbracciato la mamma, o del viaggio con un amico o aver giocato con il proprio cane. La contentezza che si prova davanti ad un tramonto, o qualsiasi evento che porti il cuore in alto, facendolo librare. Armisia prendeva molto sul serio il compito, così le gioie erano i primi ricordi che rubava e in tanti secoli non aveva mai fallito. L’Idago avrebbe voluto sconfiggere un essere così malvagio e liberare infine i regni sconosciuti della magia da un simile luogo, ma perfino l’Imperatore rischiava di non uscire più da un siffatto labirinto. Ma la ricchezza e il potere hanno molti nemici, così in una notte senza luna, ai piedi delle Cascate d’ Argento, fra le grigie rocce e il tappeto del prato verde, si incontrarono la Regina delle Streghe, Nardis, Principe delle Paludi e Armisia, convocata per un patto straordinario con i due lestofanti. “ Altezza, ti ringraziamo di esserti unita a noi” l’accolse gaudiosa Fresabonda, nascondendo il ribrezzo alla vista delle migliaia di ragnatele impolverate, foglie secche e ragni morti che formavano il mantello del mostro. Le ossute mani lo lisciarono come seta preziosa mentre la bambinesca vocetta cinguettava “Spero ne varrà la pena. Il mio padrone gioirebbe nel possedere i ricordi dell’Idago e io vederlo morire fra i rovi della foresta. Sarebbe una gradevole vittoria.” Nardis, distogliendo lo sguardo dai sui occhi ipnotici che brillavano sanguigni, spiegò il progetto. “Il nostro piano è perfetto. Questa notte rapiremo la moglie dell’Idago e la porteremo nella vostra foresta. Sappiamo quanto l’Imperatore tenga alla sua sposa e cercherà di liberarla. Impiegherà un po’ di tempo per scoprire dove si trova. Nel frattempo vostra Signoria ruberà all’Imperatrice i ricordi e quando l’Idago la raggiugerà, scoprirà che ha perso la mente e la patria e lui stesso si affliggerà nel trovarla in quello stato. Certamente si tratterà qualche minuto nel tentativo di soccorrerla, così anche lui perderà i ricordi. Finalmente voi avrete le memorie di entrambi e quando moriranno, io e Fresabonda ci divideremo le loro ricchezze e i loro regni.” Una risata inquietante concluse il terribile accordo. “E io che credevo fra i tre, di essere la più malvagia! Ma voi mi offuscate.” Gracchiò Armisia, contenta del malvagio progetto. Ma prima di congedarsi avvisò: “Però siate precisi e prudenti. In una simile situazione qualsiasi errore può essere fatale e sareste voi a pagarlo.” I traditori annuirono e la videro allontanarsi lentamente mentre trascinava via rametti e fili d’erba che si imbrigliavano nello strascico del mantello. Nardis, roso ancora dall’umiliazione per l’incontro precedente con l’Idago, progettava già da tempo di rapire la moglie Aldruda. Il desiderio di vendicarsi era cresciuto da quando l’Imperatore lo aveva letteralmente buttato fuori dalla sua reggia per le troppe attenzioni rivolte alla sua sposa. Così il Principe delle Paludi aveva contattato Fresabonda ed insieme avevano progettato l’intero piano. Sfruttando la notizia che Aldruda e l’Idago non condividevano ancora il talamo, la notte stessa, complice l’assenza del re che sorvegliava i confini ovest, Nardis la rapì uccidendo i servi che vigilavano le regali stanze. Mentre la portava via era convinto di aver eliminato tutti i guardiani ma, fortunatamente quando poco dopo, tornò l’Idago un sopravvissuto, testimone malconcio del rapimento ma ancora vivo, riferì al suo padrone tutto, compreso la destinazione dove il Principe delle Paludi avrebbe abbandonato l’Imperatrice…Nella Foresta del Tempo. La notizia era preziosa e l’Imperatore volando veloce come il vento, raggiunse Aldruda, terrorizzata e sconvolta. Nardis e Fresabonda l’avevano appena abbandonata nel viale principale della Foresta. La povera ragazza si guardava intorno, circondata da scheletri sotto i minacciosi rami che incombevano su di lei. In lontananza Armisia stava per arrivare quando, proprio in quell’istante, l’Idago, agile e repentino raggiunse la moglie, la sollevò da terra e stringendola al petto, la innalzò superando i rami degli alberi e puntando il cielo scuro. In pochi attimi, erano lontani e al sicuro, e non sentirono gli strilli furiosi di Armisia che, fuori di sé, prendeva a calci le ossa abbandonate a terra e giurava vendetta contro Nardis e Armisia che, terrorizzati, fuggirono via. Mentre si librava nell’aria della notte, l’Idago raccontò alla sposa del pericolo della foresta e di ciò che sarebbe potuto accadere. In quel meraviglioso abbraccio, Aldruda sentiva il cuore dell’Imperatore battere forte, mentre l’aria gelida, giocava con i suoi capelli di seta e le sue vesti regali, ma lei, al sicuro, sta raggiungendo la reggia, stretta al marito. Il giuramento della vendetta di Armisia echeggiò nella foresta per sempre e il Tempo si premunì, vendicativo, affinché fosse il più forte di tutti i ricordi imprigionati e tormentasse il mostro in eterno, testimone del suo grande fallimento.
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