mercoledì 18 maggio 2016

IL CASTELLO MORTO

IL CASTELLO MORTO Qualche anno fa, in una sperduta regione della Scozia, era stato venduto un antico ma austero e tenebroso castello. Per molti anni era rimasto disabitato poiché l’ultimo discendente del casato era morto senza lasciare eredi e i familiari più stretti, avevano rinunciato all’eredità poiché il vecchio maniero era oberato dai debiti. Così la banca l’aveva messo all’asta e una ricca famiglia francese l’aveva comprato. Il dott. Morel, proprietario di due famose banche parigine, aveva deciso di elevare ancor più, la sua già opulenta condizione sociale e quale migliore occasione possedere un antico castello scozzese? Già sentiva profumo di corte e nobiltà… La moglie, Amelie e la figlia quindicenne, Berenice, invece avrebbero preferito una lussuosa dimora vicino la capitale francese, mentre Ugo, il fratello minore, era entusiasta dell’idea di vivere in un vecchio castello e sosteneva e difendeva la scelta del padre, dall’altezza dei suoi undici anni. Amelie e Berenice si lamentavano che la Scozia era lontana, la fortezza era isolata e circondata solo da una sconfinata landa verde e ghiacciata, con piatti fiumi e lontane montagne blu. Un piccolo villaggio era il solo luogo abitato più vicino, con un piccolo emporio e due pub. Quando la famiglia Morel aveva visitato la nuova dimora, in lontananza, grigie nuvole piene di pioggia e umidità facevano presagire solo serate rinchiuse nel castello e riscaldamenti accesi tutto il giorno. Ma George Morel si era incaponito e pochi giorni dopo, sborsando una cospicua somma di denaro, aveva dato il via alla ristrutturazione del castello scozzese. I torrioni andavano rinforzati alla base, e i rampicanti di rose ed edera verde, potati. Gli infissi principali rifatti, così anche le porte e i bagni. Impianto elettrico e di riscaldamento andavano totalmente cambiati, così come necessitava affrescare le cantine e le soffitte. Un gigantesco camino medievale troneggiava nella grande sala principale e gli operai iniziarono da lì a lucidare parquet e marmi. Il vecchio giardino totalmente abbandonato, sembrava una giungla e ulteriori cose da fare per gli addetti alla ristrutturazione! Così un esercito di operai, carpentieri, idraulici, architetti e geometri iniziarono i lavori con energia e volontà. E da quel minuto, notte e giorno, un concerto di martellamenti, trapanamenti, botti e rumori invasero le vecchie mura del castello. Ininterrottamente, senza tregua, fracasso e baccano imperavano in ogni stanza del maestoso castello….ma all’alba del terzo giorno, un urlo silenzioso emerse dietro un muro di pietra…“Basta!!!! Non ne posso più…maledetti!!! disgraziatiii!!!” e giù, una serie di improperi che avrebbero fatto svenire un camionista. “Caro-una vocetta gentile e paziente tentò di calmare quell’uragano-abbi pazienza. Prima o poi i lavori finiranno e riavremo il silenzio che tanto amiamo.” “Argh!!!” altro urlo, più imbestialito che mai…solo che proveniva dietro il camino della sala principale. Di nuovo la vocetta gentile: “ Mia cara cugina Jane…cosa succede?” La cara cugina Jane, sbraitando ancor più, esplose di nuovo:” Ha ragione tuo marito! Qui è diventato un inferno! Tutti questi martellamenti mi hanno fatto venire un’emicrania terribile. La mia domestica è esaurita …e mia sorella minaccia di lasciare la nostra adorata dimora per trasferirsi nel cimitero del villaggio… Questo luogo di pace è diventato una discoteca!!!” E da qui in poi, decine e decine di voci, lievi, lucubri e roche, si lamentarono della situazione del castello. Non si poteva più riposare! Leggere con il rumore dei trapani era impossibile! La toilette mattutina era sempre interrotta dai mille operai che andavano e venivano dal bagno, per non parlare poi della cena, ogni volta rovinata dal rumore della lucidatrice. E quei dannati cellulari che squillavano in continuazione…oramai per i fantasmi del castello, la vita era diventata una tortura. Per secoli, avevano riposato in santa pace, in quel bozzolo di lusso antico e austero. Ogni erede del maniero, sia in vita che nella morte, aveva mantenuto una vita austera, posata e dignitosa. Così dal giardiniere alla cuoca, dal primo duca al garzone, tutti coloro che avevano abitato in quel nobile luogo, lasciando la vita terrena, avevano preferito passare il tempo infinito dell’aldilà nel castello sperduto nella verde landa…in pace. Fra le nobili mura, solo secoli di piccoli rumori, passi ovattati, voci appena sussurrate…tutti sapevano di dover mantenere uno stile basso, controllato e posato. Pace e calma erano state le prime regole del vivere al castello… fino a quel minuto. I lavori di ristrutturazione durarono alcuni mesi portando all’esaurimento nervoso i poveri fantasmi del castello, che, in una riunione d’emergenza per sfinimento psicologico, decisero che si sarebbero vendicati con in i nuovi proprietari. “Miei amati antenati- esordì l’ultimo duca, trasparente vecchio e canuto- mi raccomando però…è giusto che la famiglia che verrà ad invadere la nostra amata dimora, paghi per tutto ciò che abbiamo sofferto. Ma la vendetta deve essere lieve…non cattiva. Fastidiosa…questo sì.” “La prozia Mary sghignazzò:” Certo caro pronipote…vedrai che non saremo cattivi…non arrecheremo terribili spaventi. Non vogliamo far venire loro un infarto!” “Ma certo-la interruppe la cuoca, con maligna soddisfazione- trasformerò solo il loro minestrone in una zuppa di scarafaggi, e i loro croissant in topi in decomposizione.” Alcuni fantasmi allora proposero di far nevicare dentro le camere da letto mentre i nuovi arrivati dormivano, di nascondere loro scarpe e oggetti, staccare la luce elettrica, riempire la teiera di cimici e così via dicendo, e alla fine decisero che avrebbero aspettato l’arrivo dei francesi per decidere la vendetta migliore. Il venti dicembre, all’inizio delle vacanze scolastiche di Ugo e Berenice, i fantasmi videro arrivare al castello i nuovi proprietari. Nel grande atrio di casa furono depositati vari bagagli, e subito i ragazzi corsero su per le scale, verso le nuove camere da letto e così anche i genitori, ansiosi di rinfrescarsi dopo il lungo viaggio. Durante la loro permanenza erano state ingaggiate due donne del villaggio per le pulizie e per preparare loro i pasti. La signora Amelie, dopo una doccia, raggiunse, nella nuova e grande cucina di acciaio e modernità, Lia, la corpulenta moglie del postino, famosa per la sua bravura culinaria. “Beh-esordì Amelie ispezionando le pentole che fumavano-cosa si dice al villaggio di noi?”(continua)

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