martedì 7 luglio 2015

L’UOMO CALAMARO Tanto tempo fa, vicino la costa della Francia, vi era uno sperduto paesino di mare i cui abitanti vivevano di pesca e passavano i lunghi inverni, raccontandosi interminabili storie intorno al fuoco e mangiando pesce salato. Era un paese piccolo e tutti gli abitanti si conoscevano, e quasi tutti possedevano una barca per andare a pesca . Ma il papà di Marcel era povero e per sbarcare il lunario aiutava gli altri pescatori durante la stagione e guadagnava quei pochi spiccioli per sfamarsi e mantenere il figliolo che a pochi anni aveva perso la mamma. All’epoca dei fatti, Marcel aveva dodici anni e aspettava tutto il giorno che il padre tornasse, portando con sé gli scarti dei pesci pescati o una pagnotta di pane, avuta barattando ciò che aveva catturato insieme ai suoi compagni. Un giorno il mare era agitato e pioveva a dirotto e nessuna barca era uscita al largo. Ma il poveretto aveva bisogno del pesce quotidiano così chiese al proprietario della barca dove lavorava, se poteva prestagliela. Marcel sapendo che il padre stava per prendere il largo da solo e con quel tempaccio, insisté per accompagnarlo. Così i due lasciarono il porticciolo, fra le onde e la pioggia che senza tregua, sferzava sui loro volti. Lontani dalla costa, con fatica buttarono le reti, tirando su però pochi pesciolini. La cosa si ripeté più volte e quando stanchi e scoraggiati, fecero un ultimo tentativo, con grande sforzo tirarono sulla barca, imbrigliato nelle reti, qualcosa che nessuno aveva mai visto. Sembrava un uomo ma sulla schiena, sulla testa e sulle gambe, aveva strane appendici. Lisce, viscide e gommose, erano tanti tentacoli come quelli di un calamaro. Marcel e il padre erano terrorizzati dallo strano essere che sembrava svenuto. Lo rivoltarono sul dorso, e notarono che aveva le mani e i piedi palmati. Ma il resto del corpo era normalissimo e lo strano essere aveva un volto bellissimo. I capelli erano neri come la pece, e quando aprì gli occhi, lo sguardo era verde…un vetro che, disorientato, li osservava con curiosità. Poi, all’improvviso, si coprì il corpo con le reti. Evidentemente l’essere viveva in mare e non portava vestiti. Marcel fu il primo a rompere il silenzio:” Stai tranquillo…non vogliamo farti del male…anche se abbiamo più paura di te. Tu chi sei?” L’uomo calamaro inclinò la testa da una parte all’altra. I lunghi capelli gli coprivano le spalle, si mossero, fluidi. Sbatté le ciglia bagnate, poi improvvisamente sorrise, scoprendo una fila di denti bianchi come la neve. Marcel sorrise. I segnali corporei mostravano l’assenza di ostilità e l’imbarazzo e la paura di tutti e tre stava scemando, per dar posto ad una grande curiosità. Il padre e Marcel allora tentarono di comunicare con cenni e segni, e anche lo strano essere, a gesti tentava di rispondere e farsi capire. Il temporale però peggiorava così il bambino gli chiese: “Ascolta, noi dobbiamo andare via e rientrare, perché rimanere in mare sta diventando pericoloso…tu vuoi venire con noi…oppure ti ributti in acqua?” Lo strano essere, all’improvviso si tuffò in mare, per poi riemergere subito. Dietro di lui, i tentacoli a corona, si muovevano morbidi e vellutati. Marcel e il padre iniziarono a remare verso la riva mentre l’uomo calamaro li seguiva, nuotando in mare, aggraziato e disinvolto, poi quando si ritrovarono vicino il porto del paese, lo strano essere si fermò, li salutò e sparì nel mare in tempesta. Marcel e il padre, ormeggiata la barca, bagnati fradici, si precipitarono nella taverna del villaggio dove erano riuniti tutti i paesani. Entrarono con una folata di vento e pioggia, e con frasi sconnesse iniziarono a raccontare l’avventura che avevano avuto. Raccontarono dell’uomo calamaro ma più particolari riferivano, più le risate dei paesani aumentavano. Logicamente nessuno credeva alla storia e anzi, ad un certo punto iniziarono a spintonarli fuori la taverna. Lo spettacolo per loro era durato fin troppo. Marcel e suo padre, mesti e tristi, ritornarono nella misera baracca dove abitavano. Arrostirono quella manciata di pesciolini presi prima, sul piccolo fuoco del camino, poi sfiniti, crollarono sul tavolaccio che serviva loro da letto. Non avevano nemmeno i soldi per comprare un materasso. L’indomani, il tempo era migliorato, così il padre di Marcel si recò al porto per unirsi alle barche che prendevano il largo per la pesca, ma nessuno chiese la sua collaborazione. Tutti lo trattavano da matto e più lui insisteva che non avevano avuto allucinazioni, che l’uomo calamaro esisteva e che non era fuori di senno, più i compaesani lo allontanavano, schernendolo. Così il poveretto tornò a casa a mani vuote e per quel giorno, padre e figlio, rimasero digiuni. La solfa si ripeté per vari giorni. Marcel, una mattina, debole e sconsolato, andò a passeggiare sulla spiaggia. Erano tanti giorni che non mangiava, così ad un certo punto, si buttò a terra e iniziò a piangere, disperato. Sulla battigia era solo, ma ad un certo momento sentì degli spruzzi provenire dal calmo mare azzurro. Alzò gli occhi e vide le braccia dell’uomo calamaro agitarsi, in segno di saluto. Il ragazzo si buttò in mare, contento e anche lo strano essere si avvicinò alla riva. A pochi metri, entrambi si fermarono, poi scoppiarono a ridere. Marcel era contento di vederlo, e iniziò a raccontare tutto ciò che era successo. Gli raccontò della cattiveria dei paesani, della fame, della disperazione del padre, quando ad un tratto, scoppiò a piangere, pensando alla misera baracca, al focolare vuoto, alla povertà in cui era cresciuto. L’uomo calamaro, mentre il ragazzo parlava, lo guardava curioso, inclinando la testa, come se tentasse di capire. Poi, scomparve all’improvviso fra i flutti, per riemergere, poco tempo dopo, con tre grossi pesci che mise nelle braccia dello sbalordito Marcel. Il ragazzo lo vide allontanarsi e dileguarsi nel mare, così ritornò a casa e raccontò al padre del nuovo contatto e della generosità dell’uomo calamaro. Evidentemente lo strano essere aveva capito che Marcel aveva fame e lo aveva voluto aiutare. Dopo aver arrostito il pesce, il povero pescatore e il figlio, decisero di mantenere il segreto. Per proteggere l’uomo calamaro dalla curiosità ma anche dalla cattiveria del paese. Da quel giorno, tutte le mattine, Marcel e suo padre si recarono alla spiaggia, e lo strano essere portava loro pesci , aragoste, cozze. I due poveretti mangiavano ogni giorno quando l’uomo calamaro non si fece più vivo. Passarono diverse giornata quando Marcel e suo padre lo videro riemergere con, in mano, gioielli e pietre preziose. I due quasi svennero dall’emozione nel ritrovarsi quegli oggetti preziosi fra le mani. L’uomo calamaro aveva sicuramente raggiunto qualche galeone affondato e aveva portato loro il carico prezioso che conteneva. In poco tempo Marcel e suo padre divennero ricchissimi. Nessuno era riuscito a capire da dove proveniva la loro ricchezza, così una mattina, l’uomo calamaro portò l’ultimo carico d’oro, poi fece capire a Marcel e suo padre che quella era l’ultima volta che si vedevano. I tre si salutarono affettuosamente come vecchi amici, poi lo strano essere sparì fra i flutti. Marcel e suo padre, con tutte le ricchezze accumulate lasciarono il paese e si trasferirono in città dove comprarono un bellissimo e lussuoso palazzo. Non avevano nostalgia né del paese né dei suoi abitanti che si erano dimostrati molto cattivi e che ora si rodevano di rabbia e d’invidia nel vedere i più poveri del villaggio diventare ricchissimi. Marcel crebbe felice, frequentando le scuole e l’università. Da grande, divenne un famoso medico che spesso aiutava gli altri gratis, ricordando i giorni della sua fame e della povertà. Con suo padre vissero contenti e quando Marcel si sposò ed ebbe dei figli, insegnò loro il valore della generosità, della comprensione e il rispetto del mare che per tutta la vita si portò nel cuore.

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