venerdì 29 gennaio 2016

IL GIARDINO STREGATO

IL GIARDINO STREGATO C’era una volta, tanto tempo fa, un regno felice i cui abitanti pensavano di vivere in paradiso. Non esisteva la povertà, né la fame o l’ingiustizia. Ogni cittadino possedeva o una bella fattoria, o un palazzo o un castello e tutti lavoravano, guadagnavano e commerciavano. Il re di quel beato regno aveva incrementato l’Arte e la Cultura e i regni vicini invidiavano la meravigliosa amministrazione di quel paese. Un giorno si trasferì in una piccola casa abbandonata, vicino al bosco, una splendida ragazza. Era la creatura più bella mai vista. Un manto biondo grano circondava due occhi blu come il cielo e la pelle della ragazza ricordava le pesche mature. Gli abitanti rimasero colpiti da tale bellezza ma, pochi giorni dopo il suo trasferimento nel loro paese, rimasero anche sconvolti perché, intorno alla casetta dove abitava la fanciulla, era cresciuto un muro di piante e rovi. La fanciulla spaventata e sconvolta, chiedeva aiuto, voleva uscire ma le piante glielo impedivano. Sembravano piante stregate. Tutti i giorni sedeva sul piccolo prato che circondava la casetta e il giardino era diventato la sua prigione. Anche le persone che tentava di attraversare il muro di piante, venivano respinte. La notizia fece il giro del regno e tutti, impietositi per la situazione della povera ragazza, tentarono di distruggere le piante, tagliandole o dando loro fuoco, per farla uscire. Ma, magicamente, in pochi secondi, ricrescevano, intricate e rigogliose. Quale mai strana natura era quella? Com’era possibile che cespugli e rampicanti fossero animati da una così perfida volontà che aveva il solo fine di tenere prigioniera una povera fanciulla? Il principe di quel regno, volle andare a vedere di persona il giardino e appena vide la ragazza se ne innamorò perdutamente. Dopo averle parlato a lungo, la fanciulla seduta sul prato, tacque, sconsolata e malinconica. Allora il figlio del re, esasperato ed infiammato d’amore per la ragazza, si recò da un vecchio contadino che conosceva bene le piante. “Altezza!-l’accolse il vecchio-quale onore! Cosa posso fare per lei?” Il giovane gli sorrise, speranzoso: “ Ti conosco da quando sono nato e so che sei al corrente della situazione della povera ragazza prigioniera del giardino. E’ una fanciulla meravigliosa! E’ talmente splendida che lascia senza fiato! Ha il mare negli occhi e il sole fra i capelli. Non ho mai visto una ragazza così bella e ho capito subito che era lei la fanciulla che ho tanto atteso e che desidero sposare. Quindi ti prego di aiutarmi a liberarla da quelle terribili piante stregate. Esiste una maniera per ucciderle?” Il vecchio contadino rispose:” Principe, ho visto quale potere hanno quei cespugli! E i rampicanti spinati sono anche peggio! L’unico rimedio che mi viene in mente è una vecchia mistura che ogni tanto uso per seccare le erbacce. “ Subito il giovane chiese: “Di quale mistura parli?” Il contadino rispose:” E’ una miscela di sale, aceto e cenere. Innaffi le radici delle piante e aspetti una notte. Di solito il giorno dopo le erbacce sono morte.” Il principe ringraziò e immediatamente fece come gli aveva consigliato il vecchio contadino innaffiando i rovi con la mistura per le erbacce. Miracolosamente, l’indomani tutti i rovi e i cespugli che tenevano prigioniera la ragazza erano secchi, così il principe scavalcò agilmente il muro per abbracciare la fanciulla che quello stesso giorno volle sposare con solenni festeggiamenti. Ma l’indomani delle nozze, i camerieri trovarono il re e la regina misteriosamente morti nel loro letto. Nessuno era riuscito a capire il motivo della loro dipartita. Poche settimane dopo, anche il principe, ormai diventato re, morì misteriosamente e la giovane sposa diventò regina di quel regno. Da quel triste giorno ingiustizia, prepotenza e paura traversarono le case dei poveri abitanti. In realtà la splendida fanciulla nient’altro era che una strega cattiva e feroce che aveva ucciso il re, le regina e il principe per salire al trono e impossessarsi del reame. Ella amava il delitto e la crudeltà, così portò via ogni bene agli abitanti, usurpò tutte le ricchezze del regno che lentamente andò in rovina. Solo alla fine, gli abitanti capirono veramente chi era la regina. Un’orribile strega che Madre Natura aveva voluto tenere prigioniera per evitare che facesse del male e che loro, scioccamente, avevano voluto liberare. Le piante e i cespugli volevano solo proteggere la loro terra che fu messa a ferro e fuoco dalla perfida fattucchiera. Il regno, un tempo ricco e fiorente, scomparve, le persone morirono di fame e la fertile terra si trasformò in una landa desolata.

mercoledì 27 gennaio 2016

IL REBUS PIU' DIFFICILE

IL REBUS PIU’ DIFFICILE C’era una volta, in un regno lontano, uno scienziato famosissimo. Nel corso della sua lunga vita aveva risolto tanti quesiti matematici, esperto di Astronomia, Biologia e Botanica, il nostro pianeta aveva ormai ben pochi misteri per lui. Per tutta la vita aveva solo studiato, sperimentato e fatto conoscere il suo eccelso lavoro. L’imperatore di quel regno lo teneva in grande considerazione e aveva preteso che vivesse nel suo grande castello. Così “Mallius il Grande”, “Mallius il Supremo”, “Mallius il Magnifico”, era osannato e ammirato come un Dio. Ormai anziano, parlava così tante lingue che ne aveva perso il conto. Aveva pubblicato migliaia di libri e milioni di persone, da ogni parte del mondo, erano andati ad omaggiarlo. Ma ahimè, la superbia dello scienziato era andata aumentando con la sua meravigliosa cultura. Capriccioso e viziato, Mallius amava l’adulazione e l’elogio, ma nella sua lunga vita, non aveva mai amato. Era solo un ragazzo quando si era staccato dalla famiglia, non interessandosi più della sorte dei suoi genitori e dei suoi fratelli. I suoi studi e le conquiste scientifiche gli avevano fatto accumulare enormi ricchezze che teneva gelosamente nascoste nei forzieri e nei depositi sotterranei ma non aveva mai fatto una carezza ad un bimbo né fatto l’elemosina ad un povero. Il suo cuore era un diamante, prezioso ma freddo e duro. L’imperatore di quel regno desiderava sempre vederlo, parlare con lui e imparare almeno qualcosa dell’oceanica cultura di Mallius che, un po’ seccato, si prestava a tal servizio, sapendo come era preziosa l’amicizia con il signore di quel regno. Ma gli anni erano passati, tutti i premi di scienza, vinti, migliaia di riconoscimenti ottenuti ma lo scienziato si accorse che qualcosa gli mancava. Si alzava la mattina con una piega amara sulla bocca che non aveva mai avuto. Cosa mai era quella sensazione? Erano diverse settimane che quello strano languore lo perseguitava. “ Per tutti i Numi!-pensava-perché mi sento così? Soldi…successo scientifico…potere…insomma ho tutto! Ma non sono più felice! Cosa mai mi sta succedendo?” La smisurata intelligenza di Mallius non riusciva a risolvere il mistero. Per lui i calcoli astronomici erano operazioni elementari ma non era in grado di dare un nome a ciò che ormai da mesi lo tormentava. Chiamò il più grande medico del regno per essere visitato:” Eccelso –chiese il dottore- le duole qualche parte del suo corpo?” Mallius imbronciato gli rispose:” No. Fisicamente sto bene…ma da vari mesi ho qualcosa dentro che mi fa star male. E non so cosa sia. Nemmeno i miei studi mi danno più soddisfazione! Non scrivo più libri e non mi dedico più alla ricerca! Mi sembra che niente mi interessi più. E poi, quando mi sveglio la mattina, mi sento così…così…fiacco. Apatico!” Il luminare gli fece tante domande, sperando di capire il motivo del malessere dello scienziato, ma dopo quasi un’ora, nemmeno lui aveva capito niente. Mallius era sano come un pesce, anche se anziano, però soffriva lo stesso. Il dottore andò via, senza avergli dato una diagnosi e così quel malessere iniziò a minare anche la salute fisica del famoso scienziato. Mallius smise di dormire e di mangiare, e iniziò a non alzarsi più dal letto. L’imperatore, turbato di perdere una così illustre celebrità, chiamò altri dottori che tentarono di curarlo, ma nessuna medicina poté salvarlo e “Mallius il Grande” spirò poche settimane dopo. Lo scienziato si ritrovò davanti alla Giustizia Divina che esaminò ogni secondo della sua vita. Poi gli chiese di cosa andasse particolarmente fiero. Mallius iniziò ad elencare i premi vinti, i libri pubblicati, le onorificenze ottenute, la ricchezza guadagnata… “E poi?” gli chiese il Cielo. Solo di questo sei fiero? Mallius rispose.” Sulla terra io ero “La Scienza….” Sulla terra io ero la sede del “Sapere”! Di cos’altro dovevo essere fiero?” Il Cielo obiettò:” Di tua moglie!” Mallius esclamò, quasi indignato:” Mai avuta una moglie!” Allora la Giustizia Divina continuò:” Allora sarai stato fiero dei tuoi bambini! Oppure dei tuoi genitori? O dei tuoi fratelli? O dei tuoi amici? O di qualsiasi persona tu abbia amato!” Lo scienziato, trasecolando, esclamò:” Bambini? Fratelli? Qui c’è un malinteso! Io ero fiero dei miei successi scientifici? Cosa c’entrano le persone?” Il Cielo gli chiese:” Quindi le persone erano meno importanti del Sapere?” Mallius esclamò, sorridendo:! Naturalmente….anche se, visto che ci sono, e visto che mi trovo anche nel regno della Conoscenza, volevo notizie del malessere che poi mi ha portato alla morte. Cos’era quello strano languore? Cosa mi ha tormentato per tanti mesi?” Il Cielo sorrise e non rispose. Mallius dopo vari minuti di silenzio, rassegnato per non aver ottenuto risposta, chiese : ”Allora, posso entrare in Paradiso?” “No” rispose l’Universo Celeste. Lo scienziato rimase di ghiaccio. Orrore e sgomento lo trafissero. Rifece la stessa domanda, supplicando, implorando, scongiurando centinaia di volte di farlo entrare nel regno beato, ma la risposta non mutò. Allora Mallius chiese il perché. Il Cielo rispose:” Perché nella tua arida vita hai amato solo la Scienza. Il Potere…la ricchezza! Sei un deserto senz’acqua. Un vaso senza fiori. Un cielo senza stelle. E la tua somma intelligenza non ha risolto il più facile dei misteri. Il malessere che ha tormentato gli ultimi mesi della tua esistenza terrena, altro non era che la mancanza d’amore! Il tuo corpo si è accorto di tale errore ma la tua meravigliosa mente no. Così dispongo che rimarrai fuori le porte del Paradiso finché non hai imparato ad amare. Questo è il mio giudizio.” Mallius, sconvolto e annichilito, esclamò piangendo:” Ma come posso imparare ad amare se son morto? Come faccio a dimostrare la mia volontà di cambiare? Come faccio? Quali mezzi ho?” Il Cielo rispose:” Questo è un mistero che dovrai risolvere!”

giovedì 21 gennaio 2016

IL MATRIMONIO DELLA MAGIA

IL MATRIMONIO DELLA MAGIA Il principe dei folletti, Thio, si era innamorato follemente della principessa degli elfi, Firla. Si erano conosciuti “all’Evento Annuale della Presentazione dei Nuovi Membri Nobili dei Mondi Magici”. Il principe Thio era rimasto abbagliato dalla principessa, appena presentata in società. Firla era bellissima! Lunghi capelli biondi incorniciavano un viso nobile e delicato come le primule, e gli occhi viola erano profondi ma pensierosi. Le voci di palazzo descrivevano la principessa come un essere etereo, gentile e timido. Firla amava leggere e dipingere. Coltivava migliaia di rose intorno al castello reale e suonava il flauto e il pianoforte. Era buona con i sudditi e comprensiva con chiunque…una creatura meravigliosa che abbagliava chi la osservava. Aveva scelto il bianco e i brillanti per i suoi abiti, e il regno la guardava passeggiare fra i giardini del palazzo, avvolta da una nuvola candida e scintillante. Ed è così che apparve all’evento dell’anno a Thio che, da quel momento, non le staccò più gli occhi di dosso. Anche la principessa rimase colpita dal principe dei folletti e quella sera, nel salone da ballo del castello, fra il vortice delle danze e dei festeggiamenti, nacque il loro bruciante amore. Entrambi si accorsero che la vita era vuota ed inutile senza l’altro. Nessuno dei due poteva essere felice lontano dal compagno e così, dopo qualche settimana, comunicarono la decisione di sposarsi alle loro famiglie reali e ai ministri dei regni. Tale notizia fece scoppiare un putiferio. Il mondo dei folletti e quello degli elfi era regolato da rigide e secolari regole che mai nessuno aveva infranto. La segretezza dei loro mondi, la coordinazione dei venti, della neve, delle piogge, la crescita dei fiori e degli alberi e soprattutto la purezza della loro specie erano norme assolute. Ogni folletto ed ogni elfo aveva sangue puro nelle vene e quale principe poteva mai ereditare il regno se era frutto di due razze diverse? I genitori di Thio e di Firla decisero quindi di impedire ai giovani di incontrarsi, di parlare e comunicare per lettera. Immaginate la rabbia e la disperazione dei due giovani. Urlarono, piansero, imprecarono ma niente sembrava scalfire la decisione dei genitori. I sovrani stupidamente pensavano che dividere i due innamorati rappresentasse un bene per loro. Ma avevano decisamente sottovalutato l’amore dei due giovani che continuarono a ribellarsi e scappare dal castello reale per potersi incontrare. Fu così che Firla fu rinchiusa nel maniero più lontano e isolato del regno e Thio fu mandato nelle miniere d’oro a occuparsi degli affari di famiglia. Ma più il tempo passava, più i due ragazzi soffrivano. Firla non mangiava più, deperiva e smaniava mentre Thio aveva proprio perso la voglia di vivere e aveva cominciato a dormire tutto il giorno e a non parlare più con nessuno. Un anno dopo, i due principi erano ridotti come stracci, così i genitori, impietositi, li convocarono alla presenza dell’intera corte e del regno per affrontare una volta e per tutte la situazione. I quattro sovrani erano giunti insieme ad una drastica e sofferta decisione. “Firla-mormorò la madre regina, affranta e preoccupata-hai sofferto troppo e la tua vita ora è in pericolo. La tua salute è debole e lentamente ti stai spegnendo, così con tuo padre, il consiglio dei ministri e dei nobili siamo approdati ad una risoluzione del problema. Ti concederemo di sposare Thio, ma in cambio rinuncerai al regno, ai poteri magici e vivrai nel mondo reale senza nessun nostro aiuto. La corona sarà ereditata da tuo fratello che ha già accettato. Quindi ti chiedo formalmente se accogli questa proposta in nome dell’amore che provi per il principe Thio. Sei disposta a rinunciare a tutto per lui?” Firla rispose immediatamente:” Certo! Ho sofferto troppo lontana da lui e non desidero altro che sposarlo!” “E tu Thio-chiese a sua volta il re dei folletti-anche tu accetti di rinunciare a tutto per poter sposare Firla?” Il principe di getto esclamò: “Certo che accetto! Nessun titolo nobiliare, nessun regno, nessuna ricchezza e anche i poteri magici mi farebbero più felice che passare il resto della mia vita con Firla!” I genitori, commossi, sorrisero alle sentite dichiarazioni d’amore dei due giovani e così, pochi giorni dopo, Firla e Thio si sposarono. Andarono a vivere in una piccola casetta, nel folto del bosco, nel mondo degli uomini. Il principe era diventato un falegname e la principessa zappava nell’orto per avere qualche verdura per la zuppa. Entrambi si alzavano all’alba e lavoravano duramente tutto il giorno. Ma alla sera, felici e appagati, guardavano il fuoco scoppiettare nel camino, paghi solo della presenza dell’altro, parlando e raccontandosi fiabe e racconti. A volte passeggiavano nella foresta, o andavano a pescare le trote al fiume. Ogni giorno recava contentezza e gioia e i loro genitori avevano notizie regolari della vita dei loro figli, contenti che la giovane coppia fosse così felice. Molti elfi e folletti, nobili e ministri si chiesero come avevano fatto i due principi a rinunciare alla magia, ad ogni ricchezza e privilegio in nome dell’amore, abbracciando un’esistenza di duro lavoro e sacrificio ma quegli stolti non capivano come potesse essere straordinario e soddisfacente condividere la vera magia dell’amore.

mercoledì 13 gennaio 2016

LE PAGINE DI VETRO

LE PAGINE DI VETRO C’era una volta un regno sperduto il cui re, dopo tante preghiere e insistenze aveva ricevuto da una potente strega, un dono molto speciale. Aveva avuto in regalo, per ogni cittadino della sua contea, un pizzico di magia e così, senza troppi limiti, tutti potevano ambire ed ottenere ciò che desideravano. Immaginate la felicità di quelle persone che vollero subito castelli, terreni, cavalli pregiati, abiti, gioielli, oro e tanto altro! Ma in cambio di quella immensa ricchezza, la strega volle e ottenne dal re tutte le pagine scritte di quel regno. Nessuno avrebbe potuto più leggere e se qualcuno voleva desiderare un libro, le pagine sarebbero state trasparenti….come il vetro. Il re accettò subito la richiesta della fattucchiera, e le persone occupate dalle loro ricchezze e beati dall’opulenza della loro vita, non pensarono più ai libri e rinunciarono a leggere. Passarono diversi anni, il re invecchiò, i bambini crebbero. La vita in quel regno era un susseguirsi di feste, battute di caccia, cene e sfilate di moda. Tutti erano felici…tutti erano appagati…tutti avevano ciò che desideravano…ma inspiegabilmente, le persone cominciarono ad intristirsi…le donne, sui ricchi divani, si annoiavano. I bambini non giocavano più, e gli uomini aveva sul cuore, un’orribile pesantezza. Cosa era successo? Le pance erano piene…ogni desiderio era esaurito subito, ma la gente era malinconica e infelice. Così un giorno il re, esasperato e preoccupato, si recò dalla strega a chiedere il motivo di ciò che stava accadendo nel suo regno. La strega, sghignazzando, gli chiese: “Ma davvero non hai capito cos’è successo?” Il sovrano, canuto e tremolante: “ No…e vorrei che tu mi spiegassi perché i miei amati cittadini sono così infelici. Desideravo che ogni loro sogno fosse appagato. Per ognuno di loro anelavo ricchezze e benessere ed invece il regno sta morendo…infelicità e noia albergano nei loro cuori. Perfino i bimbi non giocano più.” La strega ebbe pietà del re e pazientemente rispose: “ Quando ti ho chiesto di avere tutte le pagine scritte del tuo regno, in realtà ti ho chiesto un regalo più grande di quello che io ti ho dato. Ho concesso ai tuoi sudditi la magia per esaurire i loro desideri ma tu mi hai donato i loro sogni. Leggere è la magia della mente e del cuore, e mentre lo fai, la fantasia si libera e il mondo cambia. Ogni parola scritta è un grande tesoro che possiede solo chi lo legge. Ho tolto dal tuo regno le parole scritte unica capacità del tuo popolo di sognare. Ora vi siete accorti di ciò che avete perso.” Il re, sconvolto e disperato chinò il capo. Aveva compreso l’enorme sbaglio che aveva fatto. I libri sono la ricchezza più grande dell’umanità…sono la vera magia della vita. “Ti prego-chiese umile e tremante- restituisci le pagine scritte dei libri e noi ti ridaremo la magia che ci hai donato. Ora ho capito che grande errore ho commesso ma spero di essere in tempo per rimediare.” La strega, comprensiva, sorrise. Accontentò il sovrano e tolse la magia agli abitanti restituendo loro le pagine scritte dei libri. Poco alla volta nel regno tornò la felicità e l’allegria. Tanti libri furono stampati, tanti scrittori aiutati e sostenuti. Furono costruite enormi biblioteche, regalati libri alle scuole e leggere divenne una legge di stato.